Galleria EDIEUROPA

Futurismo a Roma

Anni Dieci-Quaranta


Galleria EDIEUROPA, Qui Arte Contemporanea

1 dicembre - 31 gennaio 2003








TATO, Diavoleria di eliche (1936)


Massimo Duranti

Da Futurismo a Roma anni Dieci-Quaranta del 1985 all’odierna Futurismo a Roma , la prima allestita dalla Galleria Editalia-Qui arte contemporanea nella storica sede di Via del Corso, introdotta da Enrico Crispolti, quella presente ordinata dalla Galleria Edieuropa (evoluzione non solo nominale della prima, sempre con l’attenta guida di Lidio Bozzini), dopo quindi più di tre lustri, ricerche, studi e presentazioni del futurismo hanno compiuto progressi notevoli. Questa rassegna, pur nei limiti imposti dallo spazio, vuole presentare per esempi la nuova lettura temporale e contenutistica che si può oggi fare del futurismo e dei suoi protagonisti, primari, comprimari ed attori, alla luce delle nuove conoscenze intervenute.

Le tappe degli approfondimenti sono numerose e significative, costellate di pubblicazioni, saggi, rassegne storiche e mostre personali che hanno, alfine, riportato ad una definitiva ricomposizione temporale e contenutistica il movimento marinettiano dal suo avvio letterario del 1909 al suo esaurirsi formale con la morte del fondatore nel 1944. Basti ricordare la grande mostra veneziana del 1986 Futurismo&Futurismi a Palazzo Grassi che ebbe il merito non certo di aggiornare sulle ricerche degli addetti ai lavori, che avevano già superato la divisione fra un “primo” e un “secondo futurismo” allargando gli orizzonti temporali e contenutistici del Movimento, quanto quello di aver messo assieme i capolavori degli anni Dieci sparsi per il mondo e di aver così spettacolarizzato l’evento da creare una nuova, diffusa attenzione intorno al futurismo. La rassegna veneziana catalizzò invero ulteriori ricerche, mostre monografiche, tematiche e territoriali (la riscoperta dei “luoghi del futurismo”, peraltro già avviata da qualche anno), accentuando anche l’interesse commerciale verso molti attori del Movimento, del resto già consolidato per i protagonisti. Nello stesso 1986 uscì da Laterza Storia e critica del futurismo di Enrico Crispolti, che aggiornò sull’avanzamento degli studi sull’unica avanguardia artistica italiana del ‘900. Del 1989 è la fondamentale mostra Casa Balla e il futurismo a Roma, corredata da un cospicuo catalogo dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, con oltre venti saggi dei maggiori esperti sulla stagione romana del Movimento, dunque sugli sviluppi del futurismo, sulla figura di Balla e su quelle degli altri protagonisti, maggiori e minori. Infine, considerando che l’elenco delle mostre, non solo in Italia, ma in Europa e oltreoceano (penso al Giappone e agli Stati Uniti) e delle pubblicazioni sarebbe lunghissimo, va ricordata Futurismo 1909-1944 , la grande rassegna al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 2001, curata da Crispolti e corredata da un catalogo Mazzotta con sedici saggi dei maggiori esperti europei del futurismo, che ricompone scientificamente tutto il movimento marinettiano riportandolo ad unità temporale e contenutistica, pur negli svolgimenti e sviluppi cronologici, tematici e di diffusione territoriale e pur nella ovvia scala dei valori qualitativi dei protagonisti, primari, comprimari ed attori.

In quel lungo spazio temporale e nell’ampio e variegato svolgersi espressivo, il futurismo a Roma (certamente anche il futurismo romano) ebbe un ruolo centrale non solo negli sviluppi creativi degli anni Venti e fino ai primi Quaranta, ma a ben vedere già nei Dieci e ben distinto da quello milanese. In effetti, Roma diventa il polo e il baricentro del futurismo all’inizio degli anni Venti col manifestarsi degli “svolgimenti” futuristi e dal 1925 anche la sede ufficiale con il trasferimento di Marinetti da Milano. Quanto alla caratterizzazione rispetto agli esordi milanesi, la capitale assume ben presto un’immagine di creatività e di ampiezza di interessi estetici per il ruolo fondamentale della personalità di Giacomo Balla che, non a caso, scrisse con Depero nel 1915 Ricostruzione futurista dell’universo , il manifesto della continuità ed anzi degli sviluppi creativi del Movimento. Il futurismo milanese è tutto pittorico e, in piccola parte, scultoreo; è dominato dal mito della macchina e da una sorta di sociologismo della crescita urbana e industriale, dunque è confinato in una logica di esasperato concretismo, pur nella rivoluzione estetica della traduzione delle sensazioni. E certo gli anni eroici del movimento marinettiano ci hanno lasciato esiti artistici di insuperata qualità. Ma gli stessi manifesti preludevano a sviluppi che si sono manifestati proprio con lo spostamento del baricentro a Roma e con la piena rivelazione della figura di Balla e delle nuove generazioni di futuristi che a Roma si evidenziarono ( da Depero a Prampolini, Dottori, Benedetta, Panneggi, poi Delle Site, Benedetto e ancora molti altri. Si manifesta allora un futurismo del sentimento estetico che guarda alla luce, alla natura, al dinamismo astratto, e che continua a leggere anche il dinamismo della macchina e l’industrializzazione, ma in chiave in qualche modo “romantica”, immaginativa e che, soprattutto, interviene, non solo pittoricamente, nei più svariati ambiti di possibile creatività : l’architettura, la scenografia, il cinema, la moda, l’arredo, l’ambientazione. Numerose e importanti sono anche le espressioni futuriste nel teatro, nella letteratura, nella poesia, nella musica, nell’editoria…

Evidenziavo come figura artistica centrale (senza nulla togliere al ruolo propulsivo e ideativo di Marinetti) del nuovo corso futurista a Roma la personalità di Giacomo Balla che già dal 1913, con l’abbandono ufficiale dell’esperienza figurativa (ma nel 1910 aveva firmato il manifesto dei pittori futuristi essendo stato anche un po’ il maestro di Boccioni e di Severini), diventa il referente pittorico principale del Movimento, vieppiù un paio d’anni dopo con la morte accidentale di Boccioni e con l’apertura quotidiana del suo studio alle nuove leve futuriste provenienti da tutta Italia e a un folto gruppo di giovani intellettuali e futuri artisti. Dunque, fino al “ripiegamento” figurativo del 1937-’38 Balla e Roma sono il sinonimo di futurismo. Del grande artista di origine piemontese vale la pena riesumare un ritratto desunto da un brano di un articolo scritto da Marinetti su “Oggi e Domani” del 30 giugno del 1930, in occasione della mostra che Balla tenne alla Galleria del Dipinto, che meglio di ogni altro entra nel personaggio. Scrive dunque Marinetti:” Venti anni fa, in uno di quei scintillanti metallici e pur carezzevoli pomeriggi settembrini di Villa Borghese, ebbi la fortuna di avvicinarmi a lui non veduto, e di osservarlo a lungo. Ritto, immobile, giacca turchina asimmetrica, le braccia in croce, sopra una cravatta di vetri campanelli e legni vermigli, egli fissava con gli occhi semichiusi un alto zampillo iridato di gemme volubili. E via di corsa, fra le oblique frecce rosse d’un tramonto barbarico che fuggiva lottando contro le bianche esplosioni delle lampade elettriche. Le osservavamo con gioia rischiando di farci investire dalle automobili, poiché Balla ama rasentare ruote e parafanghi per gustare il pericolo e allenarsi all’elasticità”.

A Balla si avvicinarono fra il 1910 e il 1915 Depero, Prampolini, Dottori ed anche un nugolo di giovani studenti romani nella casa di via Paisiello, affacciata su Villa Borghese, affascinati dall’artista e dall’uomo creandosi una sorta di cenacolo, dove si discuteva anche di patriottismo, che definii nel 1996 “Atelier Balla” in occasione di una mostra dove presentai inediti omaggi al maestro di quel gruppo di giovani, alcuni dei quali divennero artisti, insieme a opere dell’epoca di Balla stesso, Prampolini, Depero, Dottori e altri. Parallelamente, in quegli anni, Bragaglia portava avanti il suo eterodosso fotodinamismo futurista, ma presto sarà anche lui un protagonista dell’avventura futurista ufficiale.

Nel 1913 avevano esposto a Roma i cinque firmatari del primo manifesto: Boccioni, Balla, Severini, Russolo e Carrà alla Galleria Permanente Futurista di Sprovieri, che era stata precedentemente inaugurata da una mostra di scultura di Boccioni e che ospitò nel 1914 l’”Esposizione libera” futurista, aperta anche agli stranieri, e performence scenico-declamatorie futuriste. Dal 1918 fu invece Bragaglia ad aprire una Casa d’Arte dove esposero vecchi e nuovi futuristi; lo stesso personaggio che ampliò i suoi interressi di animatore del Movimento anche al teatro. E’ il periodo del passaggio dalla stagione definita da Crispolti “analitica” a quella sintetico-astratta e poi a quella “meccanica” che vide protagonisti i vari Prampolini, Depero, Pannaggi e Paladini, e dello sviluppò già dai primi anni Venti, anche della declinazione aeropittorica con Dottori e poi Benedetta, Tato, Delle Site e gli stessi Depero e Prampolini anche se con diversi intenti.

Verso la metà degli anni Dieci, l’attività futurista a Roma era già supportata anche da riviste quali “Dinamo”, “Noi”, “Avanscoperta” e poi “Roma Futurista”. Nel fervore della “Ricostruzione futurista dell’universo” i marinettiani si confrontarono con i “Balletti russi” , con il movimento Dada (Evola in particolare) e con riviste artistiche europee. Senza dimenticare la realizzazione nei primi anni Venti delle straordinarie ambientazioni futuriste del Bal Tic Tac di Balla, del Cabaret del Diavolo di Depero, mentre Dottori decorava aeropittoricamente l’Idroscalo di Ostia, casa Carli e, a Perugia, il ristorante “Altro Mondo”.

Gli anni Venti e poi i Trenta e i primi Quaranta sono anche quelli del confronto-incontro, ma anche della dialettica e, in qualche caso, di scontro dei futuristi col fascismo. Più nostalgici del diciannovismo, certo alcuni anche esageratamente ossequenti al regime, i futuristi cercarono (invano) l’esclusiva e il primato artistico anche dipingendo e scolpendo ritratti di Mussolini ed esaltazioni del regime, ma in ambito artistico mantennero sempre la loro cifra estetica nelle stesse manifestazioni espositive del regime (in particolare le Biennali e le Quadriennali romane, la Mostra dell’anniversario della rivoluzione fascista, la Mostra del Minerale, i progetti per l’E42, occasioni che videro- fra i più attivi e qualificati- Prampolini e Dottori). Senza qui voler riaprire la questione dei rapporti futurismo-fascismo, non va dimenticato che fu merito di Marinetti e dei suoi se in Italia non si realizzò la scellerata operazione “arte degenerata” nazista.

Le nuove generazioni futuriste romane diedero in seguito vita ai “Futursimultaneisti” e al “Gruppo futurista romano”. Intensa fu l’attività di elaborazione teorica anche nell’architettura (Prampolini), in quella editoriale (ad esempio, con le edizioni futuriste di “poesia”) e in quella teatrale.

Un’altra annotazione di carattere generale sul Futurismo a Roma, riguarda la diffusione (in Italia, ma anche in Europa a seguito delle mostre itineranti degli anni Trenta nelle maggiori capitali) e la seguente strutturazione, con una modernissima logica comunicativa, del movimento quale motore e raccordo di esperienze, confronti di largo respiro e iniziative.

Tutta questa “globalizzazione futurista”, di idee e creatività, è stata per anni (e ancora permane in certa storiografia divulgativa) negata o quantomeno sottovalutata da una critica miope e arretrata nella divisione fra un “primo” e un “secondo futurismo” che lo stesso Crispolti, autore della definizione, si affrettò invano a correggere.

A Roma si riferirono e vi gravitarono dagli anni Venti i gruppi futuristi più vivaci e creativi: da quello torinese di Fillia, Diulgheroff, Oriani e Rosso, fino a quello siciliano di Rizzo e Corona, passando per quello umbro di Dottori, Bruschetti, Leandra Angelucci Cominazzini e Preziosi, quello marchigiano di Tano, Peschi e Monachesi; quello calabrese di Enzo Benedetto che si stabilirà a Roma come il più giovane Mino Delle Site e numerosi altri.

Questa mostra dell’Edieuropa presenta qualche decina di esiti pittorici di una trentina di futuristi che vogliono rappresentare una campionatura delle vaste esperienze del Futurismo a Roma senza pretesa alcuna di completezza, ma con opere, talvolta inedite o poco conosciute, che rivelano quella ricchezza di interessi e quella estensione temporale di cui si è scritto. Ci sono ovviamente opere del protagonista Giacomo Balla e quelle dei due primi attori Depero e Trampolini, del protagonista dell’aeropittura Dottori (che a Roma risiedette dalla metà degli anni Venti e fino alla fine dei Trenta), e poi dei romani (anche acquisiti o che a Roma gravitarono spesso) Belli, Benedetta, Benedetto , Delle Site, Di Cocco, Evola, Giannattasio, Galli, Favalli, Marchi, Monachesi (futurista solo per un periodo), Marasco, Pannaggi, Sironi, Tato, il giovanissimo Tulli (che seguiva Trampolini). Ci sono infine i ragazzi dell’”Atelier Balla” con opere poco esposte, molti dei quali non diventeranno né futuristi, né artisti tout-court, che esprimono con le loro carte una tensione creativa e un’atmosfera effervescente del tutto particolare: Ago, Mario Aprosio, Massimo Castellazzi, Francesco Cristofanetti e Oscar Mecozzi.

Tutti concorsero allo svolgimento della grande avventura futurista, evento artistico e sociale originalissimo, spalmato sapientemente su tutta la penisola, ma con ampio respiro internazionale, i cui contenuti, a ben vedere, troviamo ereditati, più o meno esplicitamente, nelle esperienze estetiche della contemporaneità della seconda metà del novecento.








ANTONIO MARASCO, Marinetti in Russia (1914)







VITTORIO CORONA, Arciere (1920)







JULIUS EVOLA, (Senza titolo) (1921)







ARTURO CIACELLI, Conquista spaziale (1930)







VITTORIO CORONA, Dinamismo di elica + mare (1922)







ENRICO PRAMPOLINI, Studio per la decorazione murale di casa Manheimer (1928)







BENEDETTA, (Senza titolo) (1929 ca.)







MINO DELLE SITE, Sogno del pilota (1932)






Info Mostra
Futurismo a Roma

Galleria EDIEUROPA
Qui arte contemporanea
Via Bruno Buozzi, 64
Roma

Tel.: 063220555
Fax: 063220556
Email: edieuropa@tiscalinet.it

Orario
tutti i giorni 16,00/20,00
mattina per appuntamento
chiuso lunedì e festivi

Catalogo disponibile in galleria