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Avvenimenti nazionali ed internazionali sul Futurismo e su altri temi correlati ampiamente documentati da comunicati stampa, testi critici ed immagini fotografiche.
 




GIACOMO BALLA
LA NUOVA MANIERA 1920-1929

a cura di
Elena Gigli


Galleria d'arte Frediano Farsetti
Cortina d'Ampezzo - Corso Italia, 27
27 Dicembre 2014 – 10 Gennaio 2015
Farsettiarte

Milano - Portichetto di via Manzoni
15 Gennaio – 14 Febbraio 2015









Portichetto di via Manzoni

















Balla





















Una ricerca di decorativismo cromatico astratto

Elena Gigli

 

Balla con la sua chitarra in una foto degli anni 30
   "La casa di Balla isolata in mezzo alla campagna, simile a una nave... La casa di Balla tutta iridescente e scintillante di colori, di vetri fracassati dal sole e da tutte le parti, in tutte le ore, la casa di Balla traforata dall'aria e dal cielo azzurro cinguettante.. il suo studio ingombro di quadri geniali, di costruzioni dinamiche, di svariate architetture diaboliche, fantastico di ogni magia... La camera da pranzo coi piatti gialli, verdi, rossi, le tazze viola, lilla, le mensole smaglianti di lacche multicolori... Tutto un campionario fiammante di colori in quella casa!.. magia caleidoscopica di colori aggressivi. Carte variopinte sgargianti che si riflettevano in lamine di stagnole, occhi di celluloide che lucevano tremolanti in un quadro, lampade fantastiche di carta velina gialla e verde, accese dal sole, studi futuristi di velocità astratte, e lacche vermiglie, vernici cristalline di ratti e Paramatti, velluto, raso, damaschi, e Balla che vivificava vertiginosamente il suo ambiente pirotecnico, cantando ballando e suonando, invasato, col petto compresso sotto la chitarra..".
 Questa è l’atmosfera che Francesco Cangiullo respira entrando nella casa di Balla quando abitava ai Parioli durante gli anni Dieci. Il 15 giugno del 1904 Giacomo sposa Elisa Marcucci in Campidoglio: il fratello della sposa, Alessandro, e lo scultore Duilio Cambellotti sono i testimoni. Vanno a vivere, con la mamma Lucia, nel quartiere allora spopolato e periferico dei Parioli, in un convento situato tra via Parioli 6 (oggi via Paisiello) e via Nicolò Porpora. Leggendo la recensione a due opere realizzate in questi anni – Fallimento e Lavoro – già possiamo apprezzare la novità pittorica di Balla in queste parole: "Giacomo Balla è un altro pittore d’ingegno che fa di tutto per nascondere le proprie qualità. Sembra particolarmente innamorato dei soggetti inesistenti: la porta di una bottega, un cancello, gli bastano per mettere insieme







Il futurista Balla con futurista sua signora, Roma 1918
    un quadro luminista". A fine anno – il 13 dicembre – nasce la primogenita Lucia: nel periodo futurista il suo nome diventerà Luce. "Il Convento era in sostanza una lunga costruzione di color rosso, bassa e divisa in due parti; la parte alla quale si accedeva da via Nicolò Porpora dava direttamente allo stabilimento di piscicoltura al di sopra del quale c'era l'invidiabile studio di Balla. [...] Al centro delle due ali di fabbricato, all'altezza del portone c'era una specie di boschetto di eucaliptus e sambuchi. Era un ambiente ricco di mille nascondigli che cambiava aspetto nelle diverse ore del giorno; al tramonto dalle grondaie della lunga costruzione uscivano le rondini sempre osservate e studiate dal pittore". L'11 febbraio 1910, su invito degli allievi Umberto Boccioni e Gino Severini, Giacomo Balla sottoscrive il Manifesto dei futuristi insieme a Carrà e Russolo; l'11 aprile sottoscrive La pittura futurista. Manifesto tecnico: "la nostra brama di verità non può non essere appagata dalla Forma né dal Colore tradizionali!
Il gesto, per noi, non sarà più un momento fermato del dinamismo universale; sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale. Tutto si muodinamismo universale; sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale. Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza delle immagini sulla retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così un cavallo da corsa non ha quattro gambe: ne ha venti, e i loro movimenti sono triangolari". Un anno prima, il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti aveva affermato che "la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità.
  Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo...  un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia. L’arte di Balla parte sempre dall’analisi della realtà: la natura di Villa Borghese come le gambe della bambina Luce che corrono sul balcone, la mano che suona il violino come il volo delle rondini tra la grondaia, le automobili che corrono in via Nazionale a Roma, le vele di alcune barche mosse dal vento sul mare di Viareggio.. Alfredo Petrucci prende in esame il movimento come un problema di arte contemporanea esaminando opere di artisti del suo tempo a confronto con opere classiche: "Preoccupazione dei futuristi, fu invece la durata dell’apparenza. E fermo in questo concetto, il Balla, prima che Boccioni giungesse alle audaci astrazioni plastiche, fissò in alcuni dipinti i suoi studi sulle figure in movimento". Partendo da piccoli e veloci studi sui taccuini che teneva sempre in tasca, studi particolari sul moto relativo, sul volo delle rondini, sul dinamismo dell’automobile in corsa, sulla velocità, Balla approda alla cosiddetta linea della velocità, da lui stesso definita base fondamentale delle mie forme pensiero. Ancora negli anni Ottanta, in Casa Balla a via Oslavia si potevano studiare i taccuini nei quali il pittore – attraverso ben 55 studi – unisce la linea di velocità ad altri fattori che vanno dal vortice al paesaggio al rumore allo spazio



Linea di velocità + spazio, 1913-1920, smalto su vetro smerigliato, cm. 19x23,5








In questa sede, viene presentato un esempio di questa nuova maniera legata alla linea della velocità unita allo spazio realizzata attraverso lo sperimentalismo dello smalto sul vetro smerigliato. Il 30 ottobre 1914 nasce a Roma la secondogenita Elica: nel suo nome il pittore del movimento fssa l'idea dinamica della velocità e quella guerresca del volo. Nel dicembre del 1915, in piena Grande Guerra, la Sala d'Arte Angelelli presenta le opere interventiste di Balla presentato in questi termini dall'amico-allievo, Umberto Boccioni: "Tutto è trasfigurato dall'idea dinamica interpretato eccitando la sua astratta sensibilità. [...] La terra diventa maiolica, cristallo. Il ferro diviene acciaio levigato. L'albero sparisce per lasciar posto al noce lucidato. Il colore non ha più le irregolarità che sono ancora romantiche e diviene vernice. Una superfice verniciata gli sembra più calda del sangue che sgorga e sprizza irregolare. Acciaio e cristallo. Siamo alla purezza suprema". Al Teatro Costanzi di Roma (l'attuale Teatro dell'Opera) il 12 aprile 1917 va in scena la rappresentazione di Feu d'artifce per i Ballets Russes di Diaghilev, "continui e forti giuochi di luce e sbattimenti d'ombre variate" dentro "costruzioni in legno e stoffa, a punta, a cono rovesciato, mostruosità geometriche, mezzo sferiche e mezzo cilindriche", ideata e realizzata interamente da Balla.7 E queste "costruzioni in legno e stoffa, a punto, a cono rovesciato", altro non sono che elementi di un paesaggio globale modificato dalla luce pronto a diventare una forza di paesaggio quando si viene ad unire alle sensazioni private del pittore. La Grande Guerra sta per concludersi e dopo il momento bellico durante il quale Balla ha dipinto le cosiddette opere interventiste, proprio per continuare l'esperienza dell'analisi a catena riprende due temi a lui tanto cari: il paesaggio e la linea di velocità. "Il copioso lavoro, gli studi e la realizzazione della scena di Fuochi d'artificio sono stati per Balla una grande esperienza; infatti tutta quella serie di quadri che dipinse fra il 1916 e il 1918 intitolati linee forza di paesaggio rappresentano un ambiente, una scena – sempre la stessa – su cui si riflettono le varie sensazioni dell'artista come sulla scena le luci". Nell'ottobre del 1918 – la Grande Guerra è ormai finita – Balla espone nella galleria di Bragaglia quaranta opere: sedici sono dedicate alla serie Forze di paesaggio (più sensazioni varie). Così ne parla Anton Giulio Bragaglia: "Balla guardando lo stesso paesaggio lo ha influenzato con colori e deformazioni che gli suggerivano la visione mentale". Il ricco cataloghino di 18 pagine è cosi articolato: viene pubblicato il Manifesto del colore firmato da Balla e la lista delle 40 opere viene intervallata dalle illustrazioni grafiche di alcune opere esposte (Estate, Forze-paesaggio, Colpo di fucile). "Balla, massimo pittore d'oggi, rassomiglia forse a una nuvola temporalesca irta di folgori o meglio ad un ciclone che da' l'assalto ai ruderi. È un pittore dotato di una straordinaria abilità manuale allenatissima", lo descrive Marinetti. "La pittura futurista vuole distruggere l'immobilità in ogni cosa trasportata nell'impressionante caos dell'azione dinamica universale dipingendo non solo la successione dei movimenti nel loro spostamento con delle analisi oggettive – esempio: cane con guinzaglio e ritmo violino – ma superando immediatamente queste difficoltà entrando nel grande dominio dello stato d'animo plastico con delle nuove forme astratte equivalenti. Niente=tutto" scrive Balla in un taccuino già nel 1914, punto d'arrivo della distruzione del passato per costruire qualcosa di nuovo per i "tempi futuri che saranno colorradioiridesplendoridealluminosisssssssimiiiiii".  
A chiusura degli anni Dieci, niente di più facile dell'epitaffio di uno sperimentatore che nel 500 si chiamava Leonardo o [...] Tiziano. Dopo 4 secoli di decadenza artistica son riapparso nel 900 per gridare ai miei plagiatori che è ora di finirla con il passato perché sono cambiati i tempi. Mi dissero pazzo: poveri tonti!!!!!!!!! ò già creato una nuova sensibilità nell'arte espressione (cancellato intuizione) dei tempi futuri che saranno colorradioiridesplendidealluminosissssssssimiiiiii FuturBalla, cosi pubblicata da Fagiolo nel 1967:"Da notare in questo interessante appunto autobiografico la parola intuizione (che ricordava troppo il crocianesimo) cancellata e sostituita con la parola espressione. È sintomatico il tentativo di una vita parallela con Leonardo". Nel 1927 Balla ci insegna cosa fare per sentirsi futuristi: "bisogna essere permeato di sensibilità intuitive e passare furtivamente tra gli attimi impercettibili dell'evoluzione per scoprire le nuove vie che portano all'arte futurista, nella quale nessun concetto, nessuna linea, nessuna forma, nessun colore, nessuna sagoma, nessuna frase, nessuna nota musicale ricorderà il minimo, dico minimassimo segno dell'arte passata... Anche i minimi tentativi futuristi possono essere il principio della nuova arte futura. E con questo, con una superstrade indistruttibile, arrivederci tra qualche secolo". Nel giugno del 1925 Balla    
Giacomo Balla posa davanti all'Autoritratto interventista, Roma, 1930. Archivio E. Gigli, Roma
racconta con Jannelli a Fortunati del suo viaggio a Parigi, "invasa di Futurismo: gli enormi affches che coprono palazzi interi di giorno, le fantastiche reclames luminose di sera, le vetrine asimmetriche, frastagliate di ottoni lucentissimi, si accordano perfettamente col tumulto veloce della vita dei boulevards su cui sfociano straripanti le migliaia di midinettes del Lafayette e del Louvre. [...] Scenari giranti simultaneamente cangianti in fori, drappi, piante, architetture, paesaggi. Coi miei amici Depero e Jannelli preferivo ogni sera questi teatri di fantasia e di stranezza a tutte le altre gite museistiche parigine. Ho preso molti appunti per nuovi motivi di decorazione e stoffe, mobili, sciarpe, scialli, cappelli futuristi che voglio presto realizzare e lanciare. Noi soli italianissimi futuristi dal cervello nuovo e sano, possiamo superare con l'arte tutti gli esasperati sensualismi parigini". Continua Jannelli, descrivendo "la toilette da






viaggio di Balla: Tu sai benissimo che tutti gli spolverini di questo mondo sono fatalmente grigi, Balla da quel grande colorista che è odia profondamente il grigio. Ebbene egli aveva dato un tocco dei nostri bei colori italiani al suo spolverino, dipingendovi linee di velocità sulle maniche, sulle tasche e sugli orli. E aveva coperto la visiera del suo berretto con linee forme e colori ultra futuristi. Giunto a Parigi Balla non ha abbandonato la sua mise in pieno berretto e spolverino ballabile…Per la prima volta appaiono a Parigi pellicce colorate e mantelli futuristi di velluto su mannequins futuristi, presentati da Madame Pancon e da altre case, scialli futuristi che plagiano idee, colori e forme di velocità di Balla sono presentati dalla Societè Industrielle des Tissous d'Art; i bottoni futuristi trovansi realizzati nello stand della Casa Bauer di Parigi. Cinque anni prima, Enrico Santamaria, conversando con Balla, scrive: "Non si vuole capire, – continua Balla agitandosi sulla poltrona sulla quale si è seduto – non si vuole capire che l'artista deve sempre essere un precursore e un ribelle. Non è l'artista che deve scendere sino al pubblico e spiegare la sua arte, bensì il pubblico che deve educarsi, salire all'artista e comprenderlo... Ma torniamo alla pittura futurista. Superando anche la forma cinematica mi lanciai nella pittura idealista e astratta. Furono lunghi anni di ricerche cromatiche.  Ricerche che ancora continuano giacché l'arte futurista non è stata che una lunga serie di tentativi. A me non importa che lo spettatore trovi nel mio quadro il soggetto che lo ha ispirato.

Balla con Depero e Jannelli sulla Torre Eiffel, Parigi, 1925
     A me importa solamente che il suo occhio sia appagato e ricreato dalle mie combinazioni di colori e di forme astratte. L'uomo moderno è portato verso il colore. Ce lo dimostrano le mode più o meno parigine. Guardiamo i cappelli, gli ombrellini, i vestiti delle nostre signore e i fazzoletti e le cravatte che noi portiamo. E cosa è stata la pittura futurista dal suo inizio sino ad oggi se non una ricerca di decorativismo cromatico astratto. Ed è perché la nostra arte è essenzialmente decorativa che noi oggi ci orizzontiamo verso l'arte applicata all'industria. Questa forma di arte si avvicina molto alle masse e può essere compresa e sentita da tutti". La casa di Balla – ai Parioli fino al 1926, poi al quartiere Delle Vittorie – si presenta sempre come una fucina dove inventare, progettare e realizzare oggetti utili al lavoro ma anche belli e magici. Occorrono dei cavalletti trasportabili per andare a dipingere in aperta campagna,
 
e allora vengono costruiti affinché si possano facilmente trasportare insieme alle scatole di colori e alle tele… Occorrono dei mobili per la camera dei bambini con gli angoli smussati affinché non ci si faccia male e si usano bambini schematizzati a formare le gambe... Occorrono dei fori per rallegrare la casa e allora si tagliano dei legni e si incastrano tra loro senza viti ne chiodi fno a darci l'immagine di un tulipano rosa o di un cactus giallo… Occorrono oggetti per la cucina, un portauovo con dei galletti viene costruito insieme a un mobiletto per il fumo, uno sgabello insieme a un portariviste dai colori più diversi… Una proposta di semplicità e di montaggio, scomposizione e ricomposizione, movimento e compenetrazione come in ogni ciclo del continuare mutare che è la vita.  Anche gli arnesi da lavoro nascono in questa fucina di inventore del XX Secolo.   
Giacomo Balla nel suo studio a via Oslavia in una foto di G. Mili pubblicata su "Life", 1949
 Quando nel giugno del1929 la famiglia Balla si trasferisce definitivamente nell'abitazione di via Oslavia, il pittore porta con sé quadri, oggetti, utensili, mobili... La sala da pranzo verde e gialla dei Parioli diventa la camera da letto di Elica Balla, un piccolo locale con la finestra sulle scale viene decorato in rosso e diventa lo studiolo rosso, pieno fino all'inverosimile di oggetti e di quadri, di panchetti e libri…, il grande salotto ospita i grandi quadri figurativi pre-futuristi attendendo i grandi ritratti degli anni Trenta. Sopra il divano, ancora fino al 1993 (anno della morte di Elica) potevamo vedere il grande trittico Affetti con Elisa che insegna a leggere a Luce; lì vicino le grandi tele dei tre Viventi con La pazza che ci suggerisce il silenzio. Di fronte, sulla grande parete campeggiavano Le quattro stagioni in rosso, mentre davanti la grande Velocità astratta e Le frecce della vita; tutt'intorno si alternano quadri futuristi a ritratti delle figlie e alle nature vive cariche di luce e di colore. Come entriamo in Casa Balla veniamo inghiottiti dalle linee andamentali che decorano tutto il corridoio dove Balla ha costruito cassapanche e armadi per gli strumenti da lavoro utili anche a coprire i tubi dell'acqua calda che arrivano fino nella parte superiore del muro dove il genio torinese ha ideato le 32 tele quadrate (cm. 77 x 77) che – attaccate una dopo l'altra – creano un lungo e movimentato palinsesto futurista, un decorativismo cromatico astratto lungo tutta la parte superiore del corridoio. Da bravo sperimentalista – nel 500 mi chiamavo Leonardo –, Balla blocca la sua prima idea di decorativismo cromatico astratto in una serie di fogli di carta con infniti motivi geometrici e non pronti ad essere trasferiti sulla tela. Abbiamo cosi questi freschi e innovativi fogli (intelati) che appartenevano al cosiddetto album n.3 ritrovato nel 1993 in Casa Balla. Alcuni di questi fogli erano stati precedentemente pubblicati da Enrico Crispolti nel suo volume dedicato alla moda futurista per illustrare l'"infnita sorprendente varietà di intensissime soluzioni immaginative" di Balla.







Il corridoio di via Oslavia in una fotografa dell'Archivio Balla, Roma
     E continua, datando questi lavori alla "fine degli anni Venti" considerandoli come "progetti formali di costante formato quadrato, che rappresentano, nella loro infnita sorprendente varietà di intensissime soluzioni immaginative, un repertorio di archetipi la cui realizzazione tocca certamente anche le stoffe, e tuttavia non soltanto queste, e in verità anzitutto proprio la sua stessa pittura, costituendo infatti la puntuale defnizione formale di diversi dipinti realizzati negli anni seguenti e oltre, come traduzione sapiente, ma pressoché, quando non strettamente, letterale di tali compiutissimi bozzetti. [...] Qui il disegno formale si richiude quasi sempre in una sorta di simmetria quadrilatera, di agevole moltiplicabilità". Solo ora vengono presentate come opere "inedite" e antesignane di una novità pittorica, degna solo di un genio futurista di nome Giacomo Balla. A conclusione di questo innovativo percorso, voglio tracciare alcune osservazioni di amici che hanno scritto di Balla dopo il suo ritorno all'arte di prima considerata come interpretazione della realtà nuda e sana. Prima tra tutti, Filippo Tommaso Marinetti che presenta ben 52 opere esposte da Balla alla galleria del Dipinto: "Considero il pittore Giacomo Balla come il tipico genio torinese. Infatti, coll'ampio ordine geometrico e l'operosità' tenace che caratterizzano la capitale del Piemonte, Balla organizzo e militarizzò la sua tumultuosa potenza creatrice. A 25 anni, stabilitosi a Roma, non subisce l'atmosfera languida e le nostalgiche ceneri gloriose. Sua madre, intelligente e ferrea popolana, seduta vicino al cavalletto, vigila perché la fragranza dei giardini non rallenti il suo scattante pennello: con tenacia piemontese suo fglio deve fssare sulla tela tutte le magie della luce romana. […] Balla, massimo pittore d'oggi, rassomiglia forse ad una nuvola temporalesca irta di folgori o meglio ad un ciclone che da l'assalto ai ruderi. Più volte m'apparve come uno stregone negro di Rio de Janeiro educatore di pappagalli policromi"18. Intento a ritrarre la tranquilla vita della sua famiglia, Balla riceve dal direttore del MoMA di New York – Alfred H. Barr – la richiesta di prestito dell'opera futurista Dinamismo di un cane al guinzaglio per "una grande esposizione per celebrare il quinto anniversario della fondazione del Museo d'Arte Moderna di New York". Con la risposta positiva del pittore inizia un fervido rapporto e un costante interesse da parte dell'America per l'arte futurista di Balla che si concretizzerà con la mostra personale realizzata dalla Galleria Origine (Roma 1951): "E oggi sono contento ma anche un po'stupito di tirare fuori le vecchie tele futuriste che avevo messo da parte vent'anni fa. Credevo fossero cose che riguardassero soltanto la mia intimità di artista: invece riguardano anche la mia storia. Tanto meglio". Nel 1937 Balla declama la sua "convinzione che l'arte pura è nell'assoluto realismo, senza del quale si cade in forme decorative, ornamentali, perciò ho ripreso la mia arte di prima: interpretazione della realtà nuda e sana che attraverso la spontanea sensibilità dell'artista è sempre infnitivamente nuova e convincente" 21. Il Guida, recensendo un'altra mostra, ne scrive: "È dell'Ottocento ed è di domani; continua il flone d'oro della miniera che nasce dalla verità naturale animata dal mistero della creazione, perpetua l'ansia che è nell'uomo designato. Il pittore lo ripete spesso: la visione è chiara, la verità è presente. Egli è giunto dopo lunghi anni di nobile tirocinio alla conoscenza della forma e della luce, a esprimere questa in armonia con dignità plastica preziosa. I maestri di Balla sono: la verità la tenacia l'amore". Per concludere, la defnizione che ne ha data Maurizio Fagiolo dell'Arco nel 1986: "Balla è inventore, mago profeta: uno dei protagonisti della cultura italiana del ‘900. Si paragona a Leonardo e Tiziano, insulta i passatisti alla ribalta del suo tempo. Nel caso di Balla, poi è impossibile un discorso serrato e organico, perché ci troviamo di fronte a un pittore che fnge di seppellire la pittura per inventare ogni giorno una nuova dimensione in cui lavorare: scoperto il trucco, il ricercatore abbandona immediatamente la ricerca in atto per cominciarne un'altra da superare magari un mese o un'opera dopo. E poi rimane la qualità della sua opera dipinta. Qualità dell'invenzione e dell'esecuzione: improvviso dell'immagine e action della stesura pittorica. Balla è autore di una serie di cicli che si susseguono come ondate d'una marea, che ansiosamente si accavallano".






FuturBalla







Opere




1
1. Motivo con la parola Balla
1925-29
Tempera grassa su carta applicata su tela
cm. 24,5x34,5






2
2. Motivo con la parola Balla n. 54
1929 ca.
Olio su tela
cm. 77x77






3
3. Balfiori
1925-29
Tempera grassa su carta applicata su tela
cm. 24,5x34,5






4
4. aeroruMore
1925-29
Tempera grassa su carta applicata su tela
cm. 24,5x34,5






5
5. aeroruMor
1923
Olio su tela
cm. 30,6x30,6






6
6. futur fiori arancio
1925-29
Tempera grassa su carta applicata su tela
cm. 24,5x34,5






7
7. velocità + forMe ruMore
1925-29
Tempera grassa su carta applicata su tela
cm. 24,5x34,5






8
8. velocità + forMe ruMore n. 37
1929
Olio su tela
cm. 77x77






9
9. DraMMa Di paesaggio
1925-29
Tempera grassa su carta applicata su tela
cm. 24,5x34,5






10
10. Dramma Di paesaggio
1926 ca.
Inchiostro su carta
cm. 11x14






11
11. Motivo astronomico. Le 4 fasi lunari
1925-29
Tempera grassa su carta applicata su tela
cm. 24,5x34,5






12
12. Motivo astronomico. Le 4 fasi lunari
1936 ca.
Olio su faesite
cm. 29,3x43,3






13
13. Futurfarfalle
1925-29
Tempera grassa su carta applicata su tela
cm. 24,5x34,5






14
14. Luminosità spaziale
1925-29
Tempera grassa su carta applicata su tela
cm. 24,5x34,5






15
15. Luminosità spaziale n. 56
1929 ca.
Olio su tela
cm. 77x77






16
16. Motivo prismatico
1925-29
Tempera grassa su carta applicata su tela
cm. 24,5x34,5






17
17. Specchio d’acqua
1918 ca.
Tempera su carta applicata su tela
cm. 49x56,6






18
18. Specchio d’acqua
1918 - 1920
Smalto su vetro smerigliato
cm. 20,5x31






19
19. Linee spaziali n. 9
1929 ca.
Olio su tela
cm. 77x77






20
20. Bottiglia di profumo; Espansione profumo
1920-25
Olio su carta applicata su tela
cm. 76x75,5






21
21. Linee forza n. 10
1929 ca.
Olio su tela
cm. 77x77


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