Donna Seduta, 1917
FORTUNATO DEPERO
12 FEBBRAIO - 23 MAGGIO 2004
La mostra è organizzata dalla FONDAZIONE PALAZZO BRICHERASIO
Presidente: Paolo ALESSIO
Vicepresidente: Alberto ALESSIO
Direttore:Daniela MAGNETTI
Curatore generale dell’esposizione: Daniela MAGNETTI - Maurizio SCUDIERO
Comitato Scientifico: (da definire)
Numero di opere esposte: 90
Catalogo: ELECTA
Sede dell’esposizione: Palazzo Bricherasio, Via Lagrange 20— 10123 Torino
Periodo:12 febbraio — 23 maggio 2004
La collocazione e la statura critica di Fortunato Depero
nell'arco degli ultimi trent'anni hanno compiuto notevoli passi in avanti.
L'artista, infatti, non è più considerato come uno degli epigoni del cosiddetto
"futurismo eroico": per intenderci quello che va dal 1909 al 1916, dal primo
manifesto di Marinetti alla morte di Boccioni. Una rilettura a tutto campo
dell'esperienza futurista, senza vizi ideologici e sulla base dei documenti
teorici, ha posto in luce come la parabola del movimento si fosse lanciata ben
oltre quella data fatidica (il 1916) concretizzandosi in una seconda fase,
definita poi "secondo futurismo", caratterizzata da una grande e variegata
apertura sperimentale nel superamento dei tradizionali ambiti nei quali era
confinata l'attività estetica. Depero, che con Sironi è stato uno dei pochissimi
giovani futuristi ammessi "ufficialmente" nell'organigramma del movimento
futurista dallo stesso Boccioni, è stato assieme a Giacomo Balia anche
protagonista di questa seconda fase futurista con la redazione di un manifesto
programmatico titolato "Ricostruzione futurista dell'universo", pubblicato nei
primi mesi del 1915, nel quale si propugnava appunto l'allargamento
dell'attività estetica ad ogni possibile ambito dell'esperienza umana. Dunque
non solo pittura e scultura, ma anche pubblicità, moda, arredo, architettura,
tipografia, ceramica, ecc. ecc. Questa mostra, quindi, vuole documentare
unitamente alla più significativa produzione pittorica dell'artista anche la sua
vasta attività di "arte applicata" che va dal coloratissimi "arazzi", cuscini e
panciotti, alla pubblicità, all'arredo, realizzata nel suo atelier battezzato
"Casa d'Arte Futurista Depero", ed attivo dal 1919 sino ai primi anni Quaranta.
La collocazione a Torino, a Palazzo Bricherasio già sede di prestigiose
esposizioni, ci sembra la più indicata. Innanzitutto perché Torino è stato un
luogo molto importante nel cammino di valorizzazione dell'opera di Depero. A
Torino, infatti, si è avviata nel 1969 quella prima e qualificata rilettura
critica ad opera di Luigi Lambertini e poi di Bruno Passamani grazie
all'illuminata intuizione di quel grande gallerista che fu Giuliano Martano. Il
catalogo della mostra che Lambertini allestì alla Galleria Martano nel marzo del
1969, ed i due testi di Bruno Passamani, pubblicati dalle edizioni Martano,
furono fondamentali per una defmitiva comprensione del futurista roveretano. La
mostra vuole dunque partire da quelle "certezze" e fare il punto alla luce dei
progressi nelle ricerche sull'universo deperiano che si sono acquisiti in questi
anni. Proponendo anche importanti ritrovamenti di opere storiche, date per
disperse, ed altre inedite che per la prima volta vengono esposte al pubblico.
L'allestimento della mostra seguirà un ordine cronologico e metterà in luce
l'evoluzione del percorso artistico di Depero suddividendolo in sei importanti
sezioni:
1) Verso il Futurismo: da Rovereto a Roma - 1892 / 1915
Nato nel 1892 a Fondo, in cima alla Val di Non (anche se
verrebbe da dire "in fondo"...), all'epoca nei territori meridionali dell'Impero
Austro-Ungarico, ancora giovanissimo dopo un breve soggiorno a Merano si
trasferisce a Rovereto. Per il giovane Depero sarà un passo importante, proprio
perché a Rovereto opera la Scuola Reale Elisabettina, una sorta di istituto
superiore ad indirizzo di arti applicate, un genere allora molto diffuso in
tutto l'impero, ma l'unico in regione. In quel tempo, frequentano quello stesso
istituto un gruppo di giovani che in seguito diverranno quasi tutti dei
protagonisti dell'arte e della cultura italiana di questo secolo: Luigi Bonazza,
Tullio Garbari, Giorgio Wenter Marini, Giovanni Tonini, Giovanni Tiella, Fausto
Melotti, Luciano Baldessari, Gianni Caproni, Lionello Fiumi, Carlo Cainelli e
appunto Fortunato Depero. Per la piccola città di Rovereto quelli sono anni
cruciali perché nonostante la distanza da Vienna vi si respira infatti un clima
mitteleuropeo, con influssi sia dall'Austria che dalla vicina Italia. Sono anche
gli anni dei primi moti irredentisti, per l'annessione del Trentino all'Italia,
e Cesare Battisti tiene già i suoi primi comizi mentre i giovani leggono
avidamente le opere di Nietzsche e di D'Annunzio, e riviste come "Ver Sacrum",
"La Voce" e "Poesia". Contemporaneamente, sta già deflagrando la rivolta
futurista. E' un clima estremamente stimolante per un giovane intellettuale, e
comunque per un artista. Nel 1908 Depero tenta l'ammissione all'Accademia di
Belle Arti di Vienna, ma viene respinto e, nel 1910, va allora a Torino dove
lavora come garzone-decoratore all'Esposizione Internazionale. Probabilmente
incontra e conosce Canonica, tramite lo scultore roveretano Carlo Fait che
lavora nello studio del torinese, perché al suo ritorno a Rovereto inizia a
lavorare presso un marmista dove occupandosi di lapidi e bassorilievi funebri si
impratichisce di problemi plastici. Infatti in questo importante periodo
formativo, Depero è particolarmente attratto dalla scultura, una propensione
plastica che del resto rimarrà caratteristica di tutta la sua produzione futura.
Nel 1911 espone due volte a Rovereto disegni di realismo sociale e simbolismo,
alla Libreria Giovannini, dove torna ad esporre nuovamente nel 1913. E sempre
nel 1913, a giugno, pubblica il suo primo libro, Spezzature, un insieme di
poesie, liriche, pensieri, accompagnati da numerosi disegni. Il clima è ancora
simbolista, decadente e grottesco. Vi si respira un senso di ribellismo e di
sfacelo, il presentimento appunto dell'imminente disgregazione di un impero.
Poi, nel dicembre di quell'anno, va a Roma dove visita la mostra di Boccioni e
rimane colpito soprattutto dalle sculture, dall'audacia delle loro soluzioni
plastiche. Nel febbraio 1914, ancora a Roma, entra in contatto con Giuseppe
Sprovieri, frequenta la sua Galleria Futurista, e conosce pure Balia (con il
quale stabilisce stretti rapporti), Cangiullo e Marinetti, il 'padre" del
Futurismo. Per Depero è già questo il coronamento di un sogno, perché quelli
erano proprio i suoi idoli, e di loro spesso aveva letto su "Lacerba", la
rivista dei futuristi fiorentini che lui ed altri giovani simpatizzanti del
futurismo a Rovereto leggevano avidamente ogni volta che giungeva per posta. Il
gallerista Sprovieri gli dà inoltre modo di partecipare all'Esposizione Libera
Futurista Internazionale che si terrà nella sua galleria, e dove Depero potrà
confrontarsi con nomi prestigiosi anche di rilievo internazionale (e tra l'altro
con successo, essendo l'unico che riuscì a vendere gran parte delle opere
esposte). Rientrato in Trentino per allestire una sua grande mostra al Circolo
Sociale di Trento, è colto dalla notizia dello scoppio della prima guerra
mondiale. L'Italia per ora è neutrale, ma l'Austria non si fida e perciò tutto
il basso Trentino è sottosopra con movimenti di truppe diretti a rafforzare le
frontiere. Depero, dopo qualche peripezia per riuscire ad espatriare, riesce a
tornare in territorio Italiano e precipitosamente raggiunge Roma dove lo attende
la fedele Rosetta, e lì si stabilisce definitivamente. La frequentazione di casa
Balla diviene quotidiana, e Depero ben presto assurge al ruolo di allievo
prediletto, e proprio grazie alla mediazione di Balla, sulla fine del 1914 viene
ufficialmente ammesso all'interno del gruppo dei pittori e degli scultori
futuristi. All'inizio del 1915 si impegna nella costruzione dei "complessi
plastici", un'originale scultura sperimentale che mescolava cinetica e rumorismo,
sperimentazione che nel marzo successivo confluirà nel manifesto Ricostruzione
futurista dell'universo che sottoscrive assieme a Balia, e nel quale riprende
alcune sue precedenti formulazioni teoriche del 1914 che verranno integrate ad
altre dello stesso Balia, sotto la supervisione di Marinetti. Il manifesto del
marzo 1915 apre a tutta una nuova serie di problematiche applicative e di fatto
proietta effettivamente il Futurismo nella vita appunto propugnando il
debordamento oltre pittura e scultura verso le arti applicate. Ed è sintomatico
notare come, già in pieno clima interventista (del quale i futuristi sono tra i
promotori) il manifesto di Balia e Depero rifugga i temi della violenza per
rimanere entro lo stretto ambito estetico, semmai connotato da accenti di ludica
proposizione. Tra l'altro, Depero partecipa in quel periodo a varie
manifestazioni di piazza al grido di "Trento e Trieste libere", e più di una
volta finisce sul cellulare assieme a Marinetti e Cangiullo. In seguito, con
l'entrata in guerra dell'Italia, si arruola volontario e va al fronte, al Col di
Lana, dove rimane per pochi mesi, scoprendo subito che l'interventismo era una
cosa e la realtà della guerra, un'altra. Dopo un po' si ammala e viene quindi
esonerato per motivi di salute.
2) Gli anni romani: il Teatro, da Stravinskij ai Balli Plastici - 1916/1918
Al suo rientro a Roma riprende a lavorare intensamente per
preparare una grande mostra (la sua prima vera personale futurista) che terrà
nella primavera del 1916 e dove esporrà oltre 200 opere tra oli, tempere,
disegni e collage di stile astratto, oltre a costruzioni plastiche e tavole di
canzoni rumoriste e poesie in "onomalingua" (un linguaggio di sua invenzione).
Il lavoro di Depero di questo periodo, seppur fortemente influenzato da quello
dell'amico e maestro Balla, si contraddistingue per una maggior pulsione
plastica che connota di forte rilievo le grandi campiture a tinte piatte che
sono il soggetto ricorrente della sua ricerca. A questo proposito, nel numero di
fine gennaio del 1916 della rivista "Gli Avvenimenti", Umberto Boccioni pubblica
un interessante resoconto della visita allo studio del futurista roveretano,
avvenuta molto tempo prima, e nel corso della quale si è reso conto della grande
spinta sperimentale di questo giovane futurista che rimprovera per la sua troppa
audacia. 'Ma se siete stato voi' - replica Depero - 'ad insegnarci ad osare!'.
Il 1916 è per Depero un anno intenso ed importante che vede l'artista
concentrato soprattutto sul Teatro sperimentale, con vari progetti per una sua
coreografia (Mimismagia) che prevede l'uso di costumi mobili, rumoristi e
luminosi. Verso la fine dell'anno conosce Diaghilev, impresario dei Balletti
Russi, che visita il suo studio e gli commissiona la realizzazione delle scene e
dei costumi plastici per Il canto dell'usignolo con musiche di Stravinskij, ed
in seguito anche quelli de Il giardino zoologico di Cangiullo su musiche di
Ravel. Per differenti motivi, però, sia l'uno che l'altro incarico non saranno
portati a termine, ma il grande impegno immaginativo per la realizzazione di
scene e costumi sarà comunque utilissimo per la crescita culturale del giovane
artista. Al primi del 1917 incontra Gilbert Clavel, decadente poeta svizzero con
interessi esoterici, piccolo e gobbo ma raffinato e coltissimo, con il quale ben
presto stringe un sodalizio di lavoro ed amicizia: "per simmetria", avendo
entrambi una innata verve ludica che sfiora il grottesco. Clavel lo coinvolge
nel progetto del suo libro, Un Istituto per Suicidi, per il quale Depero
realizza delle illustrazioni che stanno a metà tra futurismo ed espressionismo,
e che rendono perfettamente il clima del libro di Clavel. Ma, assieme a Clavel
che lo ospita a lungo nel suo criptico castello a picco sulla scogliera di
Capri, Depero progetta il 'Teatro Plastico' nel quale attori e ballerini sono
sostituiti da marionette di legno. Lo spettacolo, che s'intitola Balli Plastici
sebbene vada in scena al Teatro dei Piccoli di Roma il 15 aprile 1918 (per via
delle marionette) va comunque inteso come una sperimentazione d'avanguardia,
come appunto d'avanguardia è l'accompagnamento su musiche di Malipiero, Tyrwhitt,
Casella e Bartok (che si cela dietro lo pseudonimo di Chemenow). Va ancora
ricordato che durante il soggiorno caprese Depero concepisce l'idea dei famosi
arazzi, cioè quegli audacissimi mosaici in stoffe colorate, forse anche per
l'esigenza di riciclare tutte le stoffe acquistate per realizzare i costumi de
Il canto dell'usignolo. Contemporaneamente prende l'avvio anche un lungo ciclo
di opere pittoriche che rivisita e fissa come memoria di visione la nuova corte
di pupazzi e robot ideata da Depero per il Teatro Plastico, pupazzi che ben
presto trasmigreranno anche su cuscini ed arazzi. Nel febbraio del 1919 tiene
una personale da Bragaglia, a Roma, quindi, dopo un soggiorno a Viareggio e la
partecipazione all'importante mostra d'avanguardia al Kursaal (dove espone
accanto a De Chirico, Carrà, Ferrazzi, ed altri), è presente con gran numero di
opere anche a Milano all'Esposizione Nazionale Futurista, alla Galleria Moretti
di Palazzo Cova, dove Marinetti raduna il meglio dei futuristi superstiti e le
giovani leve per rilanciare il 'Futurismo del dopoguerra'.
3) La Casa d'Arte Futurista: Depero e l'arte meccanica - 1919/1926
Nella tarda primavera del 1919 Depero ritorna per la prima
volta a Rovereto, che trova ancora distrutta dagli eventi bellici e, in quel
clima di ricostruzione, fonda la sua Casa d'arte futurista, con la quale intende
(una volta perfezionata la tecnica) produrre arazzi in gran quantità, unitamente
a cartelli pubblicitari, mobili e suppellettili varie, che dovranno servire per
decorare la nuova casa futurista. Sono di quel periodo quadri di grande
suggestione, e di accento quasi metafisico, come Città meccanizzata dalle ombre
e La casa del Mago che confermano appunto l'atipicità della sua militanza
futurista, da intendersi essenzialmente più come un'adesione agli ideali
futuristi che non agli stilemi del futurismo (è Depero, in questo senso,
sviluppò appunto uno stile che è solo suo). Del 1920 sono i primi importanti
incarichi per la nuova Casa d'Arte, come i due grandi arazzi commissionati da
Umberto Notari, scrittore e direttore de 'L'Ambrosiano", come pure una serie di
cartelli pubblicitari per conto dell'agenzia "Le Tre I' illustranti i prodotti
italiani promossi dalla Fiera Navigante nei porti del Mediterraneo. Nel gennaio
del 1921 Depero è protagonista con una grande mostra personale tenuta a Palazzo
Cova di Milano, che in seguito viene trasferita da Bragaglia a Roma, dove nel
settembre dello stesso anno, su incarico di Gino Gori, inizia i lavori di
allestimento del Cabaret del Diavolo, una sorta di bolgia dantesca frequentata
da futuristi, dadaisti, anarchici ed artisti in genere. Per il cabaret,
strutturato lungo un percorso discendente (a ritroso)
Paradiso-Purgatorio-Inferno, Depero realizzò tutto l'arredo e le decorazioni
murali. L'inaugurazione avvenne nell'aprile del 1922 ma, passato il primo
momento di gloria, i tempi si fecero difficili e il locale fu chiuso, e con esso
distrutto anche tutto il lavoro di Depero. Nel maggio di quell'anno è a Torino
per partecipare alla mostra futurista al Winter Club e grazie alla
collaborazione del futurista-aviatore Fedele Azari esegue un lancio di volantini
con l'invito a visitare la mostra, probabilmente uno dei primi esempi di
pubblicità aviatoria. Nel gennaio e febbraio del 1923 si tengono a Rovereto le
due famose Veglie futuriste per la cui organizzazione viene completamente
ridecorata la Casa d'Arte Futurista di Rovereto. Con Depero collaborano dei
giovani simpatizzanti futuristi fra i quali vi erano Carlo Belli, Fausto Melotti
e Gino Pollini. Nei numero 7-8 della rivista futurista "Rovente" edita a Parma
da Piero Illari, grande spazio viene dedicato ai prodotti della Casa d'Arte
futurista di Depero in quel momento presente in forze alla I Biennale di Arti
Decorative di Monza dove grazie soprattutto ai suoi arazzi ottiene un grande
successo. Il 10 gennaio del 1924, nell'ambito della tournée del Nuovo Teatro
Futurista, Depero mette in scena al Trianon di Milano il balletto meccanico (o
delle locomotive) titolato Anihccam del 3000 (dove "Anihccam" sta per "Macchina"
letto a rovescio). Lo spettacolo, con il ricco contorno del lancio di ortaggi
vari, viene poi replicato in oltre venti città italiane. E' in quell'occasione
che Depero realizza i suoi famosi panciotti futuristi che vengono indossati sia
dal suo creatore che da Marinetti, Jannelli, Somenzi ed Azari, oltre che durante
la tournée, anche alle principali manifestazioni dell'anno come il primo
Congresso Futurista tenuto a Milano e nella cui occasione Depero offre al padre
del futurismo il famoso "ritratto psicologico" Marinetti temporale patriottico.
Nei 1925 si tiene a Parigi l'Esposizione Internazionale di Arti Decorative, che
consacrerà definitivamente il cosiddetto stile Art Déco (o, appunto, Stile
1925), che in realtà non è altro che un coacervo di tendenze che trovano punto
di contatto nell'applicazione ai materiali d'uso comune. Balia, Depero e
Prampolini, con i loro lavori a tinte piatte si sentono perfettamente a proprio
agio, ed anzi dal loro punto di vista tutto è futurista all'Expo. La
manifestazione parigina sarà per Depero di grande importanza, sia per il
discreto successo di vendita, sia per i contatti di livello internazionale che
gli fanno intravedere l'idea di tentare la carta americana. In dicembre, dopo
una personale nel foyer del Teatro des Champs Elysées rientra in Italia e, nel
febbraio del 1926 partecipa alla prima Mostra del Novecento tenuta a Milano, e
quindi all'esposizione itinerante di Arte Italiana che tocca New York,
Washington e Boston. E' inoltre presente all'Esposizione Internazionale del
Teatro a New York, curata da Friedrich Kiesler, dove espone i suoi progetti per
Stravinskij e quelli dei Balli Plastici. Infine, partecipa alla XV Biennale di
Venezia dove espone grandi opere di pittura e di stoffe colorate.
4) Dal "libro bullonato" ai grattacieli di New York 1927/1930
Il 1927 è un anno cruciale per Depero, perché proprio in
quell'anno si concentrano alcune importanti realizzazioni. Innanzitutto il
famoso Depero futurista 1913-1927, altrimenti noto come ."libro bullonato",
ovvero un libro-oggetto ideato come sorta di autocelebrazione di quasi tre
lustri di attività artistica nel Futurismo (1913-1927), fornito di un'originale
legatura ideata dall'amico futurista, ed editore del volume, Fedele Azari:
niente colla e filo per legarlo, ma bensì due grossi bulloni che trapassano
tutto il libro. E il contenuto dell'opera non è certamente da meno della sua
presentazione esterna. L'impaginazione è quanto mai fantasiosa, con lettere di
vari formati, parole e frasi che scorrono in varie direzioni: orizzontalmente,
verticalmente, diagonalmente, ed anche ad angolo retto. Il testo è impresso su
vari tipi di carta: sottile, grossa, bianca e di vari colori. Spesso i testi
assumono varie forme anziché essere impressi "in gabbia" come usuale: abbiamo
così testi composti come figure geometriche, in forma circolare o quadrata o
triangolare; oppure in forme alfabetiche come la presentazione di Marinetti che
è composta in modo tale da formare un'enorme scritta "DEPERO". Insomma
un'importante passo avanti ed un deciso rinnovamento dello strumento tipografico
che viene così investito di nuove valenze estetiche. Un'opera che valse a Depero
più di un apprezzamento come quello ad esempio di Kurt Schwitters che non mancò
di esaltare le doti rivoluzionarie del libro. Depero futurista, tuttavia, non
era solo un'esercitazione tipografica poiché conteneva anche notevoli contributi
teorici che puntualizzavano, chiarivano e programmavano la poliedrica attività
dell'artista roveretano, spaziando fra pittura (W la macchina e lo stile
d'acciaio, Il nuovo fantastico, Ritratto psicologico, Architettura della luce) e
scultura-architettura (Glorie plastiche-Architettura pubblicitaria-Manifesto
agli industriali, Architettura tipografica, Plastica in moto). Fra i primi e più
felici risultati di questa grande congerie creativa va segnalato il Padiglione
del Libro realizzato alla III Biennale di Arti Decorative tenuta a Monza nel
1927, perfetto esempio di architettura tipografica. Commissionato dalle case
editrici Bestetti e Tumminelli e dai Fratelli Treves, esso venne realizzato
secondo il criterio che la forma del padiglione espositivo doveva essere
determinata dagli oggetti che esso conteneva e per promuovere i quali veniva
costruito. Dunque, per la promozione di libri, impressi con 'caratteri"
tipografici, quali forme migliori di enormi, cubitali, forme tipografiche?
Certamente, immerso nel panorama di padiglioni barocchi, rococò e art-nouveau
che costellavano le fiere dell'epoca, il padiglione di Depero dovette sembrare
di... un altro pianeta. Per quanto concerne l'attività espositiva, oltre alla
partecipazione alla III Biennale di Monza, va segnalata in aprile la mostra
personale di arazzi e cuscini alla Libreria Principato di Messina, e le
partecipazioni alla Quadriennale di Torino, e all'importante rassegna
Trentaquattro pittori futuristi tenuta in dicembre alla Galleria Pesaro di
Milano. Al di là di queste realizzazioni, gli anni dal 1924 al 1928 sono i più
intensi per quanto concerne la sua attività pubblicitaria. Depero lavora
moltissimo per le ditte più diverse quali Bianchi, Linoleum, Pathè, Strega,
Schering, Verzocchi, Presbitero, Maga, Vido, Banfi, e molte altre, ma è
soprattutto con Campati che si crea un rapporto di una certa continuità che lo
porta a realizzare per la nota ditta milanese oltre cento bozzetti fra i quali
il famoso Squisito al selz, del 1926, definito da Depero "quadro pubblicitario,
non cartello!". Finalmente, nel settembre 1928 parte per New York, dove già in
dicembre tiene una personale, seguita da molte altre nel 1929 e nel 1930.
Realizza le ambientazioni del Ristorante Zucca e della sala da pranzo del
Ristorante Enrico and Paglieri, studia soluzioni sceniche e costumi per il Roxy
Theatre, costumi per il balletto American Sketches oltre che per coreografie di
sua ideazione come Cifre e Motolampade. Inoltre, grazie alle sofisticate
attrezzature di scena dei teatri newyorkesi, egli abbandona le corazze e le
sovrastrutture imposte sinora ai suoi ballerini (accorgimenti usati per supplire
alle carenze sceniche italiane) e lascia il ballerino libero di piroettare sulla
scena, vestito solo di un'aderente calzamaglia decorata con i suoi motivi
futuristi. Lavora inoltre anche nel settore della pubblicità e
dell'illustrazione realizzando copertine di riviste quali Vogue, Vanity Fair,
Sparks, The New Yorker, New Auto Atlas, Atlantica, ed altre. Mentre è in America
il suo nome compare tra i sottoscrittori del manifesto L'aeropittura futurista.
Al rientro dall'America, espone nel 1931 con il gruppo
futurista alla I Quadriennale nazionale d'arte a Roma. Nello stesso anno
pubblica il Numero Unico futurista Campari al quale ha lavorato già durante il
soggiorno newyorkese. Negli anni 1931-32 collabora con alcuni articoli a diversi
giornali, come "La Sera", di Milano, e nel 1932 pubblica il Manifesto dell'arte
pubblicitaria futurista. (peraltro già inserito nel libro di Campati). Sempre
nel 1932 partecipa con una sala personale tra i futuristi presenti alla XVIII
Biennale di Venezia, e quindi in gruppo alla V Triennale di Milano. Nei 1933
pubblica a Rovereto, dove vive, la rivista "Dinamo futurista" e nel 1934 presso
Morreale a Milano il volume "Liriche radiofoniche". Nello stesso anno partecipa
alla I Mostra di Plastica Murale a Genova e nel 1936 alla XX Biennale di
Venezia. Quindi un po' alla volta si defila, ritirandosi sempre più nel suo
Trentino. La sua pittura indulge spesso sulle tematiche alpine, recuperando il
folclore locale e stemperando sempre più la tavolozza verso colori tipicamente
autunnali. Nella seconda metà degli anni Trenta si dedica con intensità alle
molteplici applicazioni del Buxus, un materiale che ricicla sottoprodotti di
lavorazione, ed usato per impiallacciare i mobili, e che ben si addice al
periodo autarchico. Un materiale con il quale realizza mobili, oggetti e
pannelli decorativi. Si dedica inoltre a realizzazioni di propaganda per conto
di varie corporazioni e per il gruppo Enit, senza mai scordare la sua attività
editoriale che culmina nel 1940 con pubblicazione della, sua monumentale
autobiografia, nella quale riassume quasi trent'anni di attività artistica. E'
questo un periodo (dal 1935 al 1943) nel quale l'"avvicinamento" di Depero al
regime si fa sempre più evidente e culmina, appunto nel 1943, con la
pubblicazione di A passo romano. Da una parte stanno ragioni economiche: il suo
auto-isolamento lo ha anche allontanato dalla committenza, mentre le
corporazioni, invece, gli danno lavoro ed anche un certo "credito". artistico.
Dall'altra vi è una sincera, e fors'anche ingenua, adesione ad "alcuni" ideali
che il fascismo ha mutuato dal futurismo, e la cui primogenitura è stata più
volte rivendicata da Marinetti. Depero, in sostanza, credeva veramente che il
futurismo, tramite il fascismo, potesse giungere ad una sorta di "artecrazia".
La posizione politica di Depero non è comunque così semplicemente collocabile,
poiché sul tappeto vi sono anche le strette amicizie con Franco Rampa Rossi e
Piero Illari, futuristi di sinistra, e certo un dibattito più ampio e,
soprattutto, una attenta lettura dell'epistolario, sarebbero utili. Quindi, nel
1941, esegue un grande mosaico a Roma in vista dell'esposizione E42. Si ritira
poi nella quiete alpestre di Serrada sino alla conclusione del secondo conflitto
mondiale, e là inizia a riorganizzare il suo materiale e a pensare concretamente
al suo museo.
6) Gli ultimi anni: verso il Museo Depero - 1946 / 1960
Finita la guerra Depero, assieme a tanti altri futuristi,
dovette affrontare l'accusa di fascismo. In realtà il 'suo" fascismo era del
tutto particolare. Egli credeva veramente che il Fascismo avesse potuto
realizzare quella sorta di Artecrazia vagheggiata da Marinetti: una Società
governata da e con gli artisti. Inoltre, quando proprio Marinetti, sul finire
degli anni Venti avviò il nuovo corso del Futurismo, l'Aeropittura, lui, non
condividendone gli assunti, si ritirò tra le montagne del suo Trentino e quindi
per sopravvivere dovette rivolgersi alle Corporazioni ed agli apparati di
regime. Così, nel 1946, per poter lavorare in tranquillità dovette relazionare
alle nuove autorità sui suoi rapporti con il passato regime fascista. Il clima,
per lui, era comunque di generale avversione: gli si rinfacciava, soprattutto,
il suo ultimo libro, A passo romano, del 1943. Così decise di "cambiare aria" e
di ritentare, nuovamente, la carta americana. Dal 1947, per due anni, è di nuovo
a New York, che però trova cambiata, ostile al futurismo (ritenuto l'arte del
fascismo) e quindi al suo lavoro. Riesce comunque a tenere due mostre personali
ed a diffondere So I think So I paint, la traduzione in inglese della sua
monumentale autobiografia pubblicata nel 1940. Dopo qualche mese, raggiunto
dalla moglie Rosetta, Depero si ritira in un piccolo paesino del Connecticut,
New Milford, dove lavora incessantemente sino al rientro in Italia. Tornato a
Rovereto, inizia ben presto la sua polemica contro la critica per una lettura a
tutto campo del Futurismo, sollevando una serie di fondate contestazioni che in
seguito diverranno patrimonio dei più accreditati critici che avvieranno una
pacata e serena revisione del Futurismo. La sua attività pittorica è di notevole
intensità anche nel secondo dopoguerra e verrà affiancata da un ulteriore
intervento teorico come il Manifesto della pittura e plastica nucleare, edito
alla fine del 1950. Nel 1951 partecipa alla IX Triennale di Milano con una sala
personale e nel 1952 è presente nella sala dei maestri alla XXVI Biennale di
Venezia. Realizza quindi il grande allestimento e l'arredo della sala del
Consiglio Provinciale a Trento (1953-56). Nel 1955 partecipa alla VII
Quadriennale romana e, già l'anno seguente, dà l'avvio alla realizzazione del
suo museo, il primo museo futurista in assoluto, che viene inaugurato
nell'agosto del 1959. Sempre nel 1959 è presente alla mostra commemorativa per
il cinquantenario del primo manifesto futurista. Muore a Rovereto il 29 novembre
1960. Dopo la sua morte vennero organizzate notevoli mostre retrospettive
(vedere l'elenco delle esposizioni per maggiori informazioni) che fecero luce
sul suo non marginale ruolo nell'ambito del Movimento Futurista. La prima già
nel 1962 alla Galleria Toninelli di Milano, a cura di Guido Ballo; quindi alla
Galleria d'Arte Moderna di Villa Reale, sempre a Milano, a cura di Agnoldomenico
Pica, nel 1966; poi alla Galleria Martano/Due, di Torino, a cura di Luigi
Lambertini, nel 1969; al Museo Civico di Bassano del Grappa, a cura di Bruno
Passamani, nel 1970; a Castel Mareccio di Bolzano, a cura di Enrico Crispolti,
nel 1983; al Museo Depero di Rovereto, a cura di Maurizio Scudiero, nel 1986 e
nel 1989. Recentemente il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e
Rovereto ha tenuto una serie di mostre su aspetti particolari dell'opera
dell'artista, alcune anche all'estero.
Info Mostra
Fortunato Depero
Palazzo Bricherasio
Via Lagrange 20
10123 Torino
tel.: 0115711811
fax: 0115711850
web site: www.palazzobricherasio.it