Futurism & Co.

"QUELLO CHE HO IMPARATO DA GIACOMO BALLA"

BALLA E DORAZIO


Futurist & Co Art gallery, Roma

23 novembre - 20 gennaio 2017


A cura di Giancarlo Carpi







Balla e Dorazio tra Roma e New York tra continuità e ispirazione
La riscoperta dell'astrazione di Balla
GIANCARLO CARPI

   Il percorso che è stato pensato per questa mostra presenta oltre 25 lavori di Giacomo Balla e di Piero Dorazio secondo un rapporto di assonanza stilistica che descrive 3 momenti, dalla fine degli anni Quaranta alla fine dei Sessanta. La prima fase di ispirazione di Piero Dorazio nella seconda metà degli anni Quaranta focalizzata soprattutto sulla dimensione ritmica o di scomposizione dinamica, come rilevato da Marisa Volpi, un “lavoro che oscilla tra Magnelli e Kandinsky, tra il Futurismo e Klee”. La mostra presenta per questa parte Sviluppo orizzontale di una cornamusa dolcissima, 1948, e Il ponte di Carlo, 1947. Quest’ultimo richiama da vicino Fisionomia della cattedrale di Praga, 1947. Un confronto possibile è con i disegni di velocità di Balla come Linea di velocità + cielo + rumore, 1913 c. qui esposto, mentre Sviluppo orizzontale di una cornamusa dolcissima può ben richiamare le sintesi astratte degli anni immediatamente seguenti, dal 1915 al 1920, come testimoniato dal prezioso collage in mostra, Linee forza di paesaggio + esplosione, 1918. Si tratta qui per entrambi di un rapporto più sensuale e sinestetico con l’oggetto o con l’oggetto-paesaggio. Natura morta, del 1948, in mostra, ha invece un accento più volumetrico ottenuto con trasparenze e sovrapposizioni tonali, ed è apparentabile a Natura morta del 1945>1947. Si tratta tuttavia di una fase nella quale, come è stato indagato da Denis Viva, l’apporto principale alla produzione di Dorazio veniva da quel sincretismo tra un’astrazione “costruttivista, geometrizzante e purista”4 e un’altra “surrealista, fantastica e indefinita” che Prampolini stesso professava, grazie al suo attraversamento della stagione del secondo futurismo verso l’organicismo surrealista, fino poi al recupero di elementi di scomposizione cubista. Benché si stesse assistendo, a partire dalla Quadriennale del 1948, a una inarrestabile riscoperta del futurismo come fondamento della giovane arte italiana astratta, tra Forma 1 e Mac, le riprese astrattiste del futurismo di Balla appaiono sostanzialmente ancorate ai temi del dinamismo: “la composizione vettoriale, da un lato all’altro della tela, che guidava lo sguardo nel riconoscere un moto; la ragione cinetica delle curve; o la scansione ritmata e paratattica della superficie.” Nonostante certa confusione interpretativa, tuttavia, la notorietà di Balla e la possibilità che influenzasse l’arte presente si andavano manifestando attraverso una serie di esposizioni e di prese di posizione degli artisti di Forma e del fondatore dell’Art Club, Prampolini. Specie a partire dal 1951, la mostra alla Galleria Bompiani organizzata da Guido Le Noci, “Arte Astratta italiana”, “Giacomo Balla” alla galleria Borromini “Amici della Francia” di Firenze, sempre a cura di Le Noci, e “Omaggio a Giacomo Balla” a Roma nella galleria Origine. La comprensione delle potenzialità dell’astrattismo di Balla per la sua stessa pittura venne dalla riscoperta prampoliniana delle Compenetrazioni iridescenti, nella mostra del 1952 a Firenze, alla Galleria d’Arte Contemporanea Lungarno delle Grazie, “Futur-Balla 1912-1920”. Nella presentazione, “Prampolini reputava le compenetrazioni iridescenti il definitivo passaggio del pittore dal primo periodo divisionista alla ‘costruzione geometrica astratta’, ossia alla ‘sintesi geometrica della costruzione anti figurativa’ che era a tutti gli effetti un ‘non oggettivismo [che] si identificava con l’astrazione formale’, con una ‘espres- sione autonoma a se stante’”. Il passaggio così riconosciuto in Balla dal divisionismo all’astrazione, e la compresenza di una interazione divisionistica tra i colori, le scale tonali e la vibrazione ottica, è quanto in effetti chiarisce l’influenza più forte di Balla su Piero Dorazio, come pure egli riconoscerà nel 1977, scrivendo quello che ho imparato da Giacomo Balla:
“Che non esistono le immagini senza tenere conto della luce che le compenetra e le fa palpitare insieme a tutto ciò che le circonda. Luce e movimento sono l’essenza della realtà tutto il resto è illusione, apparenza”.







Sviluppi dell'astrazione in Dorazio

    Della breve fase di passaggio intorno al 1956, sono presenti in mostra tre lavori su carta più informi e frementi in libero accostamento con alcune minute figure balliane della serie delle "futurlibecciate". Sono questi anni in cui, rileva ancora Marisa Volpi, si ha una "strana (e apparente) identificazione di forme e pennellate, che fa del quadro una massa magmatica e bioccolosa, [...] una fase emozionale, quasi informale della sua pittura", esito del soggiorno americano di Dorazio e della su conoscenza dell'Espressionismo Astratto.
Risalgono invece alla fine degli anni Cinquanta le prime texture, a sovrapposizioni di linee colore, nella conquista di una posizione estetica che si contrappone all'informale per "identificare il dipingere con il processo di dipingere, senza tuttavia caricarlo di accenti gestuali espressivi". Quanto mostra il quadro esposto, Purple Wink, del 1958, i cui margini rossi lasciati scoperti stanno a indicare e esporre l'atto della realizzazione e lasciano intendere l'arte come processo. Il raffronto è qui con le "compenetrazioni0 iridescenti" di Balla, nella ricerca della vibrazione luminosa data dal rapporto tra gli intrecci tonali o di colori distinti. Si sviluppa poi a partire dagli anni Sessanta quello che, volendo richiamare un'espressione sempre della Volpi, è una "struttura stellare". In mostra tale passaggio e sbordare della texture in un richiamo figurativo, senza tuttavia perdere la sua quintessenza geometrica, è presente nel piccolo Textur, del 1962. Ed è proprio tale confondersi e infinito approssimarsi della forma geometrica alla suggestione figurativa che mi ha suggerito l'accostamento con una compenetrazione balliana che sviluppa un effetto simile, quasi fitomorfo, Studio di compenetrazione iridescente 1912.
Dal 1963, avviene una nuova modificazione nella struttura degli intrecci coloristici di Dorazio, che si semplificano e ingrandiscono. La Volpi cita come centrale di questa fase Cercando la Magliana, del 1964, "quadro importante perché per la prima volta la struttura tissulare ingrandita si propone in modo semplificato", è questo anche l'ulteriore sviluppo di La Corsa, 1968. Il possibile confronto con Balla, qui, è ancora da ricercarsi nelle compenetrazioni iridescenti ma in quelle della serie che espongono il colore puro, in forme geometriche o para-geometriche chiaramente scandite. La Corsa è un lavoro che peraltro richiama puntualmente nello sviluppo quadrato delle bande rettangolari opere come Linear, del 1968, e, per il contrasto tra forme oblique e orizzontali, Karezza, del 1966-67. Si ha qui internamente al quadro un contrasto tra staticità e dinamismo, come il titolo evidenzia.
Infine un'ultima inaspettata assonanza si ha tra il ritmo di reticolati ancora non strutturali – Senza titolo, 1954 – coevo di alcune sperimentazioni debitrici a Mondrian come I Giardini di Pogo, 1954, e i segni onomatopeici di Balla nella trasfigurazione astratta di un momento o di una atmosfera. La mostra riunisce peraltro per la prima volta dopo molti decenni le due versioni di Rumoristica plastica Baltrr di Giacomo Balla (1914 e 1916). Della prima, tra i vertici della sperimentazione dei materiali in direzione post-mediale e di sconfinamento dai cardini ordinari dei generi, dal formato del quadro, negli anni appunto della ideazione del manifesto Ricostruzione futurista dell'Universo e di invenzione dei "complessi plastici", va quantomeno ricordato il rapporto tra elementi astratti circolari colore arancio e le onomatopee stesse. Davvero nell'atto di sondare i limiti della significazione (con un rapporto che può ricordare quello delle sintesi astratte di Benedetta). Un quadro importante anche per la sua storia espositiva, presentato a New York nel 1973 – Finch College Museum & Instituto Italiano di Cultura, Italian Visual Poetry, 1912-1972 – in atmosfera evidentemente di riscoperta delle interazioni verbo-visive come fu negli anni Settanta. E proprio sulla rotta della scena artistica newyorkese, ma degli anni 50, ritorniamo per altro verso ai rapporti di Dorazio con Balla.







Dorazio e Perilli organizzatori della mostra di Balla e Severini alla Rose Fried Gallery

   Le tre lettere riprodotte in questo catalogo, indirizzate da Piero Dorazio da New York a Achille Perilli, documentano l'attività di Dorazio giunto nella capitale dell'arte americana, a favore del futurismo italiano oltreoceano. Invitato all'International Seminar dell'Università di Harvard nella primavera del 1953, Dorazio soggiorna a New York per un anno e ha modo di conoscere il più avanzato ambiente delle arti visive d'allora. Nella lettera datata 4 ottobre 1953 l'ambiente dell'arte newyorkese è descritto come fecondo di possibilità sia lavorative che intellettuali: "Quì la gente campa molto comoda. Si può vendere un pò di pittura ma per noi ci vuole qualche anno ancora; pare che Leger quando era quì durante la guerra non avesse una lira. In compenso, ci sono un'infinità di lavori da fare che rendono abbastanza bene." I vari artisti italiani citati, da Burri a Colla, da Prampolini a Afro, mostrano non solo che Dorazio era inserito nella migliore avanguardia italiana di allora, ma anche la sua personale attenzione e condivisione delle vicende dell'arte italiana contemporanea e del futurismo a New York. New York pareva anche rappresentare, per l'ultima generazione di artisti italiani, della quale faceva parte, un nuovo orizzonte di possibilità rispetto ai sistemi culturali romani: "Poi c'è il fatto che noi siamo più giovani e che tutti ci odiano lì a Roma. Quì la gente è molto più cordiale e sincera, dei tipi come Afronoj hanno affittato per niente; tutti sono molto curiosi della nuova generazione italiana". Allo stesso tempo interessa l'arrivo dei futuristi: "La galleria che farà la mostra di Balla è una delle più serie e ha fatto delle mostre bellissime; è la galleria di Duchamp, di Vantongerloo, di Kupka etc. La padrona viene questa sera da me. Bisogna che trovi due Boccioni da vendere subito! anche dei disegni andrebbero bene".
Nella lettera del 21 novembre dello stesso anno Dorazio i lavori per la preparazione di una mostra di artisti italiani sono molto avanzati, accanto alla vendita avvenuta di tre suoi pezzi tramite la Rose Fried Gallery, Dorazio rimarca l'interesse della galleria per una mostra d'arte futurista e quanto fosse importante anche per i contemporanei "Perché fare una mostra di Balla buona significa alzare la reputazione degli Italiani e favorire tutte quelle possibilità che quì realmente esistono, di vendere, di avere visite allo studio a Roma, di avere mostre, di essere invitati al premio Carnegie e in fondo di vendere un mucchio di roba. Per noi Italiani quì non esiste reputazione e perciò bisogna farsela e io pensavo che cominciare con Balla fosse una ottima cosa. Si è parlato della mostra di Balla da tre mesi quì, tutti i collezionisti, i musei, le riviste etc. la aspettavano con ansia e curiosità, pronti a pagare notevoli somme e a continuare a seguire con interesse le cose italiane." La lettera di Dorazio raggiunge toni di sentita fraternità con l'amico Perilli allorché gli scrive di una possibile cooperativa di lavoro di arti applicate tra Roma e New York, "Ho fatto dei disegni per stoffe che qui pagano dai 40 ai 65 dollari l'uno, dei pezzettini di carta 7cm. per 10! Ne ho venduti cinque visitando solo due ditte. Ora ho preso contatto con un agente e con una organizzazione che si chiama Associated American Artists in modo da poter fare delle cose in Italia e da venderle quì attraverso loro.. [...] Questo lavoro lo voglio fare insieme a te perché risolverebbe anche i tuoi problemi e perché c'è bisogno di uno che stia a Roma. Ti prego di non scoraggiarti mai, quando sei più scoraggiato del solito, alzati e vai a rompere i coglioni all'ultima persona che ti aspetta. Se tu mi aiuti seriamente possiamo fare i soldi per dipingere senza uscire dal seminato". E meraviglia leggere come l'interesse di Dorazio per il futurismo non fosse solo stilistico o strategico ma una vera e propria scelta di vita: "Tu non hai idea di che avventura sia venire quì, sposarsi, non avere un dollaro, avere la famiglia della moglie incazzata sì da non farti neanche un regalo [...]E' un'esperienza che mi ha insegnato molte cose e che mi fa sentire più sicuro di me stesso e un pò più futurista." Non si tratta qui di una semplice nota di colore ma del fatto che Dorazio avesse compreso che il futurismo, anche e soprattutto nella concezione di Marinetti, fosse una filosofia della vita al di là della storia.
L'ultima lettera, del 10 gennaio del nuovo anno, ha un tono piuttosto allegro: la mostra di Balla è finalmente fissata, "si apre il 25" "Questa mattina tutto coperto di neve e 10 sottozero. Sono andato a prendere i quadri di Balla dallo spedizioniere che si chiama Cerillo ed è alto 1 metro e trenta!" Dorazio appare sempre più inserito nell'ambiente e nella discussione della scena artistica newyorkese, o tra New York e Italia – "è uscito un mio articolo su Art News sui futuristi", "C'è un mucchio di gente che verrà a Roma durante la primavera e l'estate, incluso Motherwell e moglie" e tra descrizioni di vari personaggi la lettera si chiude con un simpatico progetto imprenditoriale, per la realizzazione di film TV e importazione di pomate anticoncezionali! Tutto ciò, a dispetto della Baronessa Rebai che pensava e diceva in giro che "tutti quelli che fanno la pittura non-oggettiva sono comunisti!" Una nota invece futurista si legge proprio alla fine in questo passo: "Ci sono venti centimetri di neve fuori, qui la natura è ancora selvaggia, primitiva, preistorica!" e nel saluto finale che usa i segni aritmetici come nella scrittura marinettiana: "Ciao da me e Virginia + saluta Franca e i tuoi. –piero".
Risaliva a sei anni prima della mostra del gennaio del 1954 l'ultima presenza a New York di Balla, in Twentieth-century Italian Art, Museum of Modern Art, a cura di J. Thrall Soby e Alfred H. Barr Jr. – nel 1936 si era tenuta la fondamentale Cubism and Abstract Art, sempre al MoMa, a cura di Barr. Le lettere di Dorazio testimoniano di una prospettiva storiografica di notevole interesse nel suo voler appassionatamente rivendicare e vedere riconosciuta proprio nel futurismo l'origine e l'autorevolezza storica ed estetica del proprio lavoro. Accanto a questo è da notare, poi, una diretta continuità, che passava attraverso lo svolgimento della seconda fase del futurismo e soprattutto attraverso l'opera di Enrico Prampolini. Vieppiù che Dorazio aveva partecipato quattro anni prima all'organizzazione delle mostre dell'Art Club – del quale era consigliere – come si sa, fondato da Prampolini e Severini nel 1945. Gli sforzi di Dorazio per l'organizzazione di una mostra di artisti futuristi a New York si rivelarono proficui e nel 1954 si tennero oltre alla citata "The Futurists. Balla Severini 1912-1918" alla Rose Fried Gallery, con presentazione di J. Maritain e Lionello Venturi, anche "Futuri- sm: Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Severini", dal 22 marzo al 1 maggio, organizzata nella galleria di Sidney Janis. Come ricostruito da Giovanni Lista, "alla Rose Fried Gallery di New York sono esposte alcune ‘velocità d'automobile' e delle Iridescent interpretation (sic)". Non stupisce, dunque, che questa mostra includesse proprio delle compenetrazioni iridescenti, che erano alla basse della ricerca astratta di Dorazio in quello stesso momento. La mostra che si tenne poco dopo, dal 22 marzo al primo maggio, presentava alcuni capolavori di analisi del movimento, tra i quali Velocità d'automobile, 1912, Velocità d'automobile + luce + rumore 1913, Linee andamentali + successioni dinamiche – Volo di rondini, 1913, Mercurio passa davanti al sole, 1914, nonché Spazolridente, 1918 (uno dei quadri più cubo futuristi di Balla). Questa diversa selezione si spiega anche perché Janis era un gallerista e critico interessato in quegli anni a confronti tra l'arte europea dei primi decenni del Novecento e la pittura americana, come racconta Leo Castelli, per un periodo suo collaboratore: "A quel tempo, non avevamo affatto capito quale legame ci fosse tra il passato, la Francia, e il presente, l'America, e quindi cercavamo di analizzare i collegamenti tra il vecchio e il nuovo mondo".
Ciò che resta di questo breve spaccato della vicenda dell'arte italiana in America alla metà degli anni Cinquanta è dunque anche vedere come l'influenza del colorismo luminoso di Balla e di Severini si sia trasmessa all'opera di Dorazio secondo una consonanza con uno dei centri della sperimentazione dell'arte americana, in direzione dell'Astrazione Post-pittorica, in parte saltando le vicende storico-artistiche degli anni venti, trenta e quaranta. Dorazio infatti, esporrà ripetutamente a New York tra il 1953 e il 1964 – con un precedente nel 1950, Loan Exhibition, Museum of Non-Objective Painting –: mostre personali presso la Wittenborn One-Wall Gallery nel 1953 e la Rose Fried Gallery, aprile e maggio 1954, la collettiva "International Collages Exhibition", sempre alla Rose Fried nel 1956, e una nuova personale nel 1965 presso la Marlborough-Gerson Gallery. Nonché nel decennio citato almeno una decina di mostre collettive tra New York e varie città americane anche della Weast Coast, grazie anche al riconoscimento che aveva ottenuto nel 1960 come direttore del Dipartimento di Arti Visive della School of Fine Arts dell'Università della Pennsylvania. Non stupisce allora che quando Cercando la Magliana fu esposto alla Marlborough-Gerson Gallery nel 1965, sia stato "accolto con interesse nell'ambiente americano da Greenberg a Newman, da Noland a Feeley, a Rothko", cioè dagli artisti e dal critico americano che si opponevano in quegli anni alla Pop Art professando appunto l'astrazione post-pittorica.







Natura morta

PIERO DORAZIO - Natura morta, 1947






Foto1

Perilli, Guerini, Dorazio alla galleria Art Club






Linear

PIERO DORAZIO - Linear, 1968






Catalogo1

Catalogo della mostra di Balla alla Rose Fried Gallery, 1954






Cercando la Magliana

PIERO DORAZIO - Cercando la Magliana, 1964






Foto2

Perilli e Dorazio, Amiens 1948






Foto3

Guerrini, Dorazio, Perilli, Roma 1946






senzatitolo

PIERO DORAZIO - Senza titolo,1954






Rumoristica plastica baltrr

GIACOMO BALLA - Rumoristica plastica baltrr, 1916






Rumoristica plastica baltrr 2

GIACOMO BALLA - Rumoristica plastica baltrr, 1914






Il ponte di Carlo

PIERO DORAZIO - Il ponte di Carlo, 1947






Linea di velocità + cielo + rumore

GIACOMO BALLA - Linea di velocità + cielo + rumore, 1913 circa






Textur

PIERO DORAZIO - Textur, 1962






Studio1

GIACOMO BALLA - Studio di compenetrazione iridescente, 1912






Studio2

GIACOMO BALLA - Studio di compenetrazione iridescente, 1912






Purple Wink

PIERO DORAZIO - Purple Wink, 1959






Compenetrazione iridescente

GIACOMO BALLA - Compenetrazione iridescente, studio, 1912 circa






Sviluppo orizzontale di una cornamusa dolcissima

PIERO DORAZIO - Sviluppo orizzontale di una cornamusa dolcissima, 1948






Linee forza di paesaggio + esplosione

GIACOMO BALLA - Linee forza di paesaggio + esplosione, 1918 circa






Compenetrazione

GIACOMO BALLA - Compenetrazione, 1920 circa






Senza titolo (natura morta)

PIERO DORAZIO - Senza titolo (natura morta), 1948






Linea di velocità + paesaggio + rumore

GIACOMO BALLA - Linea di velocità + paesaggio + rumore, 1913 circa






Senza titolo

PIERO DORAZIO - Senza titolo, 1956






 Linee forze di mare

GIACOMO BALLA - Linee forze di mare (cartolina, Roma 11 dicembre 1919)






Sventolamento

GIACOMO BALLA - Sventolamento, 1918 circa






Senza titolo 1

PIERO DORAZIO - Senza titolo, 1957 circa






Senza titolo 2

PIERO DORAZIO - Senza titolo, 1957 circa






Sventolamento

GIACOMO BALLA - Sventolamento, 1919






Bandiere in movimento, studio

GIACOMO BALLA - Bandiere in movimento, studio, 1915 circa






La Corsa

PIERO DORAZIO - La Corsa, 1968






Studio3

GIACOMO BALLA - Compenetrazione iridescente, studio, 1912 circa






Studio4

GIACOMO BALLA - Compenetrazione iridescente, studio, 1912 circa






Via vai

PIERO DORAZIO - Via Vai, 1983






Info mostra
QUELLO CHE HO IMPARATO DA GIACOMO BALLA

Futurist & Co Art gallery, Roma

Date della mostra:
23 novembre - 20 gennaio 2017