Museo Palazzo Doebbing

LUCI E OMBRE A SUTRI

Tra Barocco e Futurismo
Da Mattia Preti a Depero


Museo Palazzo Doebbing, Sutri

9 maggio 2021 – 10 gennaio 2022















Le astrazioni di Julius Evola oltre il Futurismo e il Dadaismo
Julie Kogler

"La liberazione dalla rappresentazione aggettiva porta alla liberazione dalla materia..." teorizzava Wassily Kandinsky, aprendo in questo modo le porte dello spirito anche nel mondo dell'arte. E Julius Evola, che insieme a Kandìsky espose e col quale condivideva una visione metafisica del cosmo, nella suii speculazione Teoretica all'astrattismo aggiungeva, spingendosi oltre; "evidentemente, perché disinteressata, l’arte deve essere priva di ogni contenuto usuale: in quanto esprime lutto, essa non deve significare nulla: non vi deve essere nulla da comprendere', nell'arte". L'esperienza dì Julius Evola (1898-1974) nel mondo dell'arte è breve quanto intensissima, e si consuma tutta in un periodo di circa 6 anni, dal 1915 al 1921. Comincia giovanissimo frequentando l'atelier di Giacomo Balla a Roma. Lì avviene ìl primo approccio col Futurismo, l'unica corrente d'avanguardia italiana in senso vere e proprio: culto per la velocità, dinamismo, il conflitto anti-tradizionale e antiborghese, e quella "modernolatria" che ambì - riuscendovi -- a rappresentare un nuove paradigma estetico. Marinetti, Boccioni, Balla, Carrà, Depero, Soffici, Severini e molti altri, furono i chiassosi alfieri di un movimento che rivoluzionò radicalmente il modo di tare cultura, esaurendo il campo delle manifestazioni artistiche: dalla pittura al teatro, dalla musica all'architettura, dalla poesia, alla scultura, sino alla cinematografia. In pittura ciò si traduce in forme astratte dai colori sfavillanti, che generano nell'occhio dello spettatore paesaggi in movimento.
Julius Evola è naturalmente incluso ira gli artisti futuristi pur non aderendovi mai formai mente. È cosi che nel 1919 partecipò alla "Grande Esposizione Nazionale Futurista" esponendo cinque dipinti alla Galleria d'Arte Centrale di Milano, e alla "Grande serata futurista" romana. 1 quadri dipinti da Evola in questo arco di tempo (1915-18), vengono da lui stesso definiti come ispirali da un Idealismo Sensoriale in cui "il tema dell'arte è posto nella realtà pura dei sensi", ma nel quale la percezione sensìbile coglie la realtà nel suo aspetto simbolico-rappresentativo. Tuttavia, Evola si discostava dal movimento futurista per quell'attitudine prepotente, invadente e spontanea, poiché "rappresentava una sorta di dinamismo in base essenzialmente sensoriale, mia sarta di slancio vitale del lutto sprovvista di una dimensione inferiore'. Invece, quella dimen¬sione interiore "spiritualista", intesa come accesso ad una dimensione superiore attraverso l'evocazione di un caos primordiale Evola la trova appena finito di leggere i] Manifesto del Dadaismo di Tristan Tzara, nel 1918: "tutti gli uomini gridano: c’è un gran lavoro distruttivo, negativo da compiere. Spazzare, pulire. La pazzia di un individuo non può nascere che da uno stato di follia, di follia aggressiva, completa, da un mondo lasciato in mano ai banditi che si distruggono e che distruggono i secoli. Senza scopo né progetto alcuno, senza organizzatone: la follia indomabile, la decomposizione. Chi è robusto o chi ha la voce robusta sopravvivrà, per i suoi riflessi rapidi: l'agilità delle membra e dei sentimenti sfolgora siti suoi fianchi sfaccettali".
Con queste parole, urlate nel suo celebre Manifesto, Tzara comunicava al mondo artistico del suo tempo il sovrano disgusto che il movimento dadaista, da lui fondato, nutriva nei confronti degli agonizzanti residui dei canoni estetici e morali della cultura borghese. Fu così che, dall’alba del XX secolo, nel giro di poco più di un decennio l’Europa romantica, intorpidita dal lirismo della sua estetica, percorsa da gemiti a sfondo elegìaco ti appena movimentata da un titanismo di maniera, subì l'improvviso, inusitato scossone dei nuovi demiurghi, agitatori di idee e di forme, intenti a plasmare un altro volto per l'Europa, che di ratto segnò un punto di non ritorno e che raggiunse il proprio Zenith nelle catartiche "tempeste di acciaio" della Grande Guerra.
La meteora Dada, luminosa e corrosiva al contempo, come un "microbo vergine", propagato da Monsieur Antìpyrine Tzara, si diffonde ben presto in tutta Europa- della sua carica dirompente, della contraddizione eletta a teorema, delia suprema, violenta negazione di ogni coerente apparato Iogico*concettuale si fanno interpreti i vari Arp, Ernst, Picabìa, e Duchamp. Dal Cabaret Voltatre di Zurigo, le irradiazioni virulente dell’agente patogeno si espandono a 360 gradi, con Dada la provocazione si fa insostenibile, ]o stile urticante, la negazione assoluta. L'arte raggiunge la sincope, percorrendo sentieri immaginare divorando anche se stessa nella propria furia iconoclasta, a-logica, a-morale, iperbolica. Manifesti, mostre, balletti, rappresentazioni teatrali, risse e ubriacature collettive scandiscono i ritmi di una frenetica, incessante produzione che tuttavia, al contrario dei costrutti delle altre avanguardie, non è analizzata alla ricerca di una soluzione definitiva, di un punto fermo cui pervenire nella veste di modello estetico cristallizzato. Nei geni di Dada c'è il gusto irrinunciabile dì épater le bourgeois e l'insofferenza dello Zeitgeìst: nessun terminus ad quo, nessun icrniìnm ad qiiem e pertanto nessuna pretesa d'immortalità, ma, anzi, la chiara consapevolezza di una vita breve che, ciò nonostante, lascerà tracce profonde.
E in questo orizzonte che Julius Evola, già studioso di testi di metafìsica, mistica ed esoterismo, quintessenzia la sua pratica artistica. Alternando l'attività pittorica alle intense letture nlosoliehe che spaziano dall'idealismo tedesco all'esistenzialismo di Michelstaedter e Pupini, passando per il nichilismo nietzschiano e l'"egoismo" di Max Stirner.
E dopo l'esperienza catartica della Guerra Mondiale, dunque, che Evola, persona già in vista nel panorama artistico italiano, approda a Dada, di cui, è bene ricordarlo, sarà il più autorevole esponente italiano, affiancato da Liozzi e Cantarelli, i redattori della rivisto dadaista mantovana "Bleu". Conosciuto Tzara - col quale intratterrà un interessantissimo rapporto epistolare - il giovane artista pubblica le prime "composizioni poetiche", una brochure intitolata Arte Astratta (1920)- nella quale la sua poetica assume corpo concreto - e compone un poema a quattro voti, "Le parole oscure du paysage interieur", che verrà rappresentato alle "Grotte dell’Augusteo" a Roma, accompagnato dalla musica dodecafonica di Schonbefg, Satie e Bartok, Evola assurge al ruolo di organizzatore culturale, contattando numerosi artisti, stringendo rapporti epistolari, e soprattutto partecipando nel 1921 alle più importanti esposizioni interazionali, come al Salon Dada alla Galene Montaìgne di Parigi e alla Exposition Internationale d'Art Moderne di Ginevra. Nello stesso anno espone anche a Berlino nella prestigiosa galleria Der Sturm di Herwarth Walden - che Evola ricevette a Roma l'anno precedente e al quale mostrò i suoi dipinti. Alla galleria berlinese, Evolsi espose prima a gennaio con 44 opere, poi ad aprile e infine a settembre in occasione della mostra celebrativa "Zehn jahre S - Gesamtschau", in una collettiva al fianco di Kandinsky, Klee, Chagall e Delnunay, fra gli altri.
Significative furono anche le mostre di Evola, tra personali e collettive, che si tennero alla Casa d'Arte Bragaglia di Roma tra il 1920 e il 1921, L'estetica dell'artista e ormai matura. Fondata sull'arbitrio di una volontà temprata da un'ascesi durissima, dall'etere, dalla magica "legge degli enti” l’arte evoliana riflette la nuda potenza dell'Io, senza avere in vista altro contenuto o altri significati che non siano espressione metaconcettuale di un puro volere, di un autarchico consistere in se stessi nella cui dimensione l'opera d'arte esaurisce il dispiegarsi della libera potenza dell'artista. Non a caso Evola definirà il periodo che va dal 1918 al 1921 come Astrattismo Mitico. I quadri in questione, per lo più "Paesaggi Iniettori” e "composizioni", testimoniano uno straordinario lavoro di auto perfezionamento.
È questo il periodo in cui Evola, disorientato dal labirinto dello spiritualismo più problematico, vive la propria "discesa agli interi": quella fase di cupio dissolvi che conduce inevitabilmente alla follia o al suicidio, a meno che non intervenga un deciso, repentino affiorare di energie insondabili e di risorse spirituali tali da condurre ad un "auto trascendimento ascendente". L'incontro con il buddismo delle origini, con i Tantra e con la tradizione magico-ermetica, schiuderà ad Evola l'orizzonte lungo il quale si inoltra il sentiero della liberazione. Da questo momento l'arte evoliana si arricchisce di contenuti sapienziali, della simbologia della palingenesi alchemica (le tre fasi della Grande Opera), che è consapevolmente riflessa nei dipinti.
Questi, dunque, gli elementi predominanti nella pittorica evoliana, metafore di un'esperienza che si trasfigura in un dominio meta-artistico, in forza della quale l'autore può quindi maturare il definitivo distacco da Dada, avendo egli direzionato il proprio "impulso alla liberazione", "Esaurita l'esperienza andai oltre", conferma Evola nel suo "Cammino del Cinabro", approdando poi sui lidi del pensiero filosofico.








JULIUS EVOLA - (Senza titolo), 1918 ca.







JULIUS EVOLA - La parola oscura, 1920 ca.







JULIUS EVOLA - Mazzo di fiori, 1917 ca.






La bottega del mago
Vittorio Sgarbi

«Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione to¬tale per ricostruire l'universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integral¬mente. Daremo scheletro e carne all'invisibile, all'impalpabile, all'imponderabile, all'impercettibile.»
Così recitava il manifesto della Ricostruzione futurista dell'universo (1915, forse il più coerente ed eversivo fra quelli di Marinetti e soci. Se Balla non fu sempre fedele al dettato della Ricostruzione, tornando in età avanzata a una concezione tradizionale della pittura, Depuro lo fu per tutto il resto della sua carriera. Reinventò il suo universo attra¬verso Parte applicata, dedicandosi a creare scenografie, costumi, abiti, oggetti, insegne pubblicitarie e quant'altro potesse essere disponibile ad accogliere un'elaborazione formale derivata dalie ricerche futuri-ste. Legato a Balla nelle sue prime esperienze futuriste, in particolare a Roma, Depero (1892-1960) inizia a concepire concretamente un'arte "totale" con i lavori relativi al teatro e al balletto, in linea con le utopie di Gordon Oraig, ideando manichini e robot (Teatro plastico, 1918). Finita la guerra, torna coraggiosamente a Rovereto, distratta dagli austriaci, fondando una Casa d'arte futurista che realizza per tutta Italia arazzi e gilet modernissimi, affiche pubblicitarie, spettacoli di "teatro plastico".
L'Esposizione universale di Parigi del 1925, quella in cui si afferma l'Art Deco, è il giusto contesto in cui la Casa d'arte di Depero consegue un lusinghiero successo, ponendosi ai vertici del gusto moderno. Da quel momento, la "bottega del mago", come viene ribattezzata, diventa una formidabile fucina di stile progressista.
Depero pratica in particolare la pubblicità, da lui considerata la nuova arte moderna, ma non smette di sperimentare a teatro, né di inventare oggetti fra Dadaismo, artificio grafico e innovazione letteraria, come l'autobiografico "libro imbullonato" Depero futurista (1927).
La caduta del fascismo determinerà un momentaneo oblio di Depero, cui l'artista reagisce riprendendo con vigore la pittura e puntando all'autocelebrazione con la costituzione di un museo personale.








FORTUNATO DEPERO - Fiori Tropicali, 1941







FORTUNATO DEPERO - Donne del tropico, 1945







FORTUNATO DEPERO - Ballerina Meccanica, 1926






Info mostra
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Tra Barocco e Futurismo
Da Mattia Preti a Depero

Museo Palazzo Doebbing, Sutri
9 maggio 2021 – 10 gennaio 2022