Palazzo Ghirlanda Silva

Alessandro Bruschetti

alla ricerca della purezza della luce


Galleria delle Esposizioni, Brugherio

Dal 05/11/2022 al 27/11/2022

a cura di a cura di Gennaro Mele e Vittorio Fiori
introduzione di Massimo Duranti










uNa PrEmeSsa Alla RiLEttuRA dI bRuSChetTi
Massimo Duranti

Dal Futurismo di terra degli esordi eroici del Movimento a quello del cielo negli sviluppi aeropittorici, la ricerca dei futuristi si è poi rivolta al cosmo, all’imperscrutabile. Ecco allora che i dinamismi di cicli, motocicli, automobili e treni degli anni fino ai Quindici del Novecento dei primi interpreti artistici della rivoluzione di Filippo Tommaso Marinetti del 1909 si evolvono nei primi anni Venti nelle visioni aeropittoriche dei reduci del gruppo originario rimasti fedeli al manifesto di fondazione, insieme alle nuove leve con un linguaggio codificato solo nel 1931, ma già praticato ampiamente da alcuni di loro già all’esordio dei Venti. Quando poi nel 1944 Marinetti morì concludendosi così storicamente il Futurismo, ma non certo l’attivismo dei futuristi della seconda e terza generazione, le loro fervide menti, come quella di Enrico Prampolini, da considerare figura “di transito” fra la stagione eroica del movimento e quella degli sviluppi degli anni dai Venti in poi, e quella del ben più giovane Alessandro Bruschetti, in tempi diversi, ma con linguaggi del tutto autonomi, superarono il Futurismo di terra e quello del cielo per approdare all’idealismo cosmico immaginando il dinamismo astrale, quello che sorregge l’universo da milioni di anni nelle profondità siderali.
Bruschetti era nato a Perugia dove aveva studiato all’Istituto d’arte e poi all’Accademia di Belle Arti, senza concluderla perché volle subito abilitarsi all’insegnamento e, soprattutto, su consiglio del Soprintendente Achille Bertini Calosso andò a Roma per frequentare il "Regio gabinetto pel restauro dei dipinti dove si diplomò brillantemente. Tre lustri dopo, fra insegnamento, restauro di dipinti" e cure familiari, si spostò in varie parti dell’Umbria per approdare a Monza nel 1956, dove si trattenne fino al 1970, stringendo rapporti con i futuristi Acquaviva, Andreoni, Masnata e lo stesso Crali.
A Brugherio e dintorni, dove abitavano alcuni dei figli, Bruschetti compì i suoi giorni terreni nel dicembre del 1981, attorniato dai familiari rimasti in Brianza, mentre lui con Maria aveva da qualche anno sentito il richiamo delle origini e soprattutto dell’ebbrezza della "tramontana perugina che spazza via ogni impurità dell’aria" nella città umbra arroccata sulla collina. Invece al nord, dove era vissuto per molti anni, nebbia e smog - almeno allora - non confacevano più alle sue debolezze polmonari, come gli dissero i medici. Più alla mente che ai polmoni gli giovò una ritrovata serenità riguardo anche a disavventure di lavoro non risolte. E allora, in quel di Santa Lucia, il quartiere alla prima periferia della città, lavorò intensamente e non solo al cavalletto, ma anche a grandi cimenti come quello nella chiesina di San Barnaba. Dove era parroco Nello Palloni, un buon pittore che aveva avuto seri incoraggiamenti da Gerardo Dottori, che stava realizzando un suo linguaggio decisamente post futurista. Il sodalizio col prete - pittore nacque sulla poltrona del barbiere del quartiere, dove Bruschetti curava più la barba che i pochi capelli. Barbiere che era il nipote di Palloni. Fra i due nacque un sodalizio forte: il futurista, maestro di ogni tecnica pittorica, ma anche provetto restauratore di opere d’arte antiche (e moderne), trasmise a Palloni i segreti più arditi del restauro.
È encomiabile, ora, che il Comune di Brugherio abbia pensato di onorare la sua figura. L’idea di onorare Bruschetti è maturata, già prima della pandemia, negli uffici dell’assessorato alla cultura del Comune brianzolo da due intelligenti funzionari: Gennaro Mele e Vittorio Fiori che della mostra sono i curatori.
Andrea Baffoni, che già collaborò con me nel 2009 (l’anno del centenario futurista) alla stesura della grande monografia dell’artista e alle mostre a Perugia e Castiglion del Lago, ha riscritto e aggiornato la biobibliografia dell’artista.
Importante è stata anche la collaborazione di LeoGalleries, che nel tempo ha maturato un’esperienza non puramente commerciale sul Futurismo con ricerche e specifiche mostre presentate anche fuori del proprio spazio espositivo monzese.
Originale il taglio che Mele e Fiori - supportati dal Comitato scientifico che ho avuto il piacere di presiedere - hanno voluto adottare nella progettazione dell’esposizione: non un’antologica generalista della produzione bruschettiana, bensì una focalizzazione proprio degli sviluppi purilumetrici, spesso polimaterici, dalla metà degli anni Quaranta in poi. I presupposti antecedenti tale produzione, quelli, rari, del tardo futurismo dinamico e poi quelli aeropittorici non potevano essere però dimenticati, proprio nell’ottica di verificarne gli sviluppi e allora la mostra ne presenta una sintetica campionatura.
Mele nel suo saggio Dal dinamismo al Movimento della luce dopo aver ricostruito le stagioni della pittura dell’artista, approfondisce quella post-bellica legandola anche allo “sviluppo scientifico… la corsa allo spazio…, la ricerca spasmodica di conquistare, sia scientificamente che fisicamente, ciò che è al di fuori dell’atmosfera terrestre”. Ricorda anche, opportunamente, che Bruschetti nella maturità guardò certamente lo Spazialismo di Lucio Fontana, come molti anni prima aveva letto l’idealismo cosmico di Prampolini, suggestioni che tradusse non solo con la pittura, ma anche col polimaterismo che, del resto, aveva già sperimentato nel 1933 con il grande dipinto Resurrezione, esposto alla XIX Biennale di Venezia, dove il costato del Cristo è un taglio reale del supporto ligneo riempito di velluto che, secondo Passoni sarebbe stato visto proprio alla manifestazione veneziana da Lucio Fontana venti anni prima che iniziasse a operare i suoi tagli sulle tele.
Fiori affronta specificamente gli sviluppi della pittura bruschettiana in La purilumetria rinvenendo acutamente i precedenti nello “studio delle forme della luce… rintracciabili nei manifesti e scritti futuristi”, come, appunto, il Manifesto dell’idealismo cosmico di Prampolini del 1931. Altra sottolineatura, quella che “la luce è sempre stata un elemento centrale nelle opere di Bruschetti”, portando ad esempio i fasci di luce che compaiono spesso nelle sue aeropitture, come nel successivo polimaterismo dove fa catturare la luce dagli “elementi metallici”.
Venendo alla mostra, occorre premettere che si è pensato, per la sezione aeropittorica, anche di contestualizzare le opere di Bruschetti con quelle dei suoi sodali. E così si potranno apprezzare alcune aeropitture di Gerardo Dottori, di Tullio Crali, Tato, Angelo Canevari, Ivanoe Gambini, Leandra Angelucci Cominazzini e di Nello Voltolina anche per illustrare le differenti declinazioni aeropittoriche che si manifestarono in quella stagione.
Bruschetti è stato artista che ha avuto una presenza non secondaria negli sviluppi del più importante movimento artistico italiano del Novecento, in particolare nella stagione dell’Aeropittura, maturando poi dagli anni Cinquanta, come detto, la Purilumetria, il suo linguaggio di ricerca della purezza della luce attraverso geometrie solide vaganti nell’infinito cosmico-siderale. Già Balla negli anni Dieci del Novecento con le compenetrazioni iridescenti aveva esplorato la combinazione fra luce - geometria e colori e Prampolini, come accennato, già prima della fine storica del Futurismo, aveva avviato la ricerca sull’Idealismo cosmico esplorando il dinamismo degli abissi siderali. Bruschetti, appunto, ha lavorato alla costruzione autonoma di dinamismi invisibili fra geometria - luce - spazi cosmici popolati di astri improbabili.
Con Dinamismo di cavalli del 1932, sensazioni e odori di fiati equini e di terra smossa, il tutto avviluppato dal paesaggio, Bruschetti ricevette il battesimo per l’ingresso nel gruppo dei futuristi dalle mani stesse di Filippo Tommaso Marinetti, al quale Dottori aveva presentato l’opera del ventiduenne concittadino. Poi dipinse visioni dall’alto del paesaggio idealizzato e ritmi di cascate caratterizzati da nitore cromatico e accurata stesura, in ciò distinguendosi dal suo maestro Dottori che lasciava il pennello scorrere liberamente e diversamente denso di colore. Di quella stagione è anche la già citata Resurrezione del 1933, esempio eccellente di arte sacra futurista e preludio più o meno inconsapevole della terza dimensione nella pittura, che fu esposto alla Biennale di Venezia del 1934 e giudicato dall’Osservatore romano, per la firma di Celso Costantini "antiliturgico e antisacro". Invece, quel Cristo si rivela eccezionale per la sintesi compositiva e l’ambientazione e, soprattutto, audace per inventiva nel materializzare col taglio e non con la pittura sulla tavola lo scempio della ferita del costato del Cristo. Taglio che sicuramente Fontana vide a Venezia, seppure i suoi di tagli sulle tele si materializzeranno molto più tardi. Seguono non pochi quadri e quadretti con visioni dall’alto di paesaggi immaginari di non costante definizione, ma sempre accattivanti. Le sue opere maggiori furono esposte nei padiglioni futuristi di Biennali di Venezia e Quadriennali di Roma, ma anche nelle mostre futuriste itineranti in tutta Europa, senza dimenticare le esposizioni personali, poche ma selezionate quanto a spazi e luoghi, non dimentichiamo infatti che era molto impegnato nell’attività di restauro.
L’evoluzione dall’Aeropittura, dopo la morte di Marinetti, avviene nella pittura di Bruschetti gradualmente, con l’intermezzo di ricerche astratto - informali sulla spiritualizzazione della materia, non volendo l’artista diventare epigono di se stesso continuando come molti colleghi a dipingere aeropitture.
Come spiegato in premessa, questa mostra vuole sottolineare soprattutto la valenza del linguaggio bruschettiano della maturità, quello degli ulteriori sviluppi del Futurismo originalmente elaborato dal pittore perugino che, come abbiamo visto, non nasce casualmente e ha antecedenti nello stesso Balla e in Prampolini, le cui suggestioni sono della sola poetica, perché il linguaggio è del tutto autonomo ed originale.
La purilumetria bruschettiana è presentata in mostra con una venticinquina di opere.
L’approdo purilumetrico, ovverosia l’invenzione di una pittura “geometrico - spaziale luministica” - come ebbi a definirlo nel 2009 per la mostra a Perugia e Castiglione del Lago -, è allo stesso tempo ricerca dell’infinito col recupero del dinamismo futurista che si realizza negli spazi siderali, moto necessario dell’evolversi della vita astrale, e ricerca di un’estetica spirituale.
È databile, nella sua produzione, dalla metà degli anni Sessanta con un avvio meccanicistico, influenzato anche dalla tecnologia e delle imprese spaziali, già preconizzate da Marinetti, poi progressivamente arricchitosi di accenti spirituali. La purilumetria di Bruschetti si fonda, dicevo, sulla geometria: forme geometriche che catturano la luce, che la sviluppano, forme che espandono la luce. Spesso le geometrie sono di metallo e catturano e deviano la luce. Allora siamo al polimaterismo che, abbiamo visto, usò già in alcune opere degli esordi futuristi. Altre forme compenetrano la materia nello spazio, oppure sono macchine che esplodono. La luce che le accarezza crea turbini, spirali, saette, oppure si snoda in diagonale, in triangoli o quadrati. In definitiva, Bruschetti ha elaborato anche un’estetica della luce (e del colore). Come Osvaldo Peruzzi, l’ultimo futurista a lasciare questa terra, ha teorizzato lo “splendore geometrico” e un pittore vivente, Antonio Fiore, che riuscì appena a frequentare un tardo futurista come Monachesi, dipinge incessantemente lampi e virgole colorati che danzano nel cosmo.
Un cenno specifico al muralismo audace bruschettiano degli anni Settanta non può mancare in questa presentazione. La sua stagione post futurista non è caratterizzata soltanto dalla invenzione purilumetrica, bensì dalla sua applicazione a opere monumentali realizzate ad altorilievo: un impegno importante che gli richiese un notevole sforzo non solo creativo, ma anche fisico. Mi riferisco al trittico polimaterico sul sacro, incompiuto nella terza rappresentazione, che ci viene restituita dai numerosi bozzetti che aveva realizzato prima della scomparsa.
Per il Convento La Pace di Sassoferrato, dove lavorò per molti mesi nel 1976 avendo accanto l’inseparabile consorte Maria, ospiti dei francescani, realizzò Il giudizio universale, altorilievo di tre metri e trenta per quattro, preceduto da numerosi bozzetti, mirabile trionfo di elementi - uomini che, attratti dalla luce, geometricamente salgono in alto verso la beata eternità. Per la Chiesa di San Barnaba di Perugia, sollecitato dal suo maturo “allievo”, parroco-pittore e restauratore Nello Palloni, realizzò nel 1978 La resurrezione, altorilievo di tre metri e ottanta per oltre cinque metri, preceduto da numerosi bozzetti, composta e dinamica elevazione di forme e di luce verso l’eternità. Aveva infine già realizzato nel 1979 bozzetti di varia dimensione per Il Paradiso, che doveva completare la trilogia sacra ed essere collocato nella stessa chiesa di San Barnaba davanti alla Resurrezione, ma il suo tempo terreno finì prima. Questo linguaggio della trilogia sacra è una declinazione di palinsesti popolati di anime tormentate e oranti.
La focalizzazione del Bruschetti post futurista, coniugata alla valorizzazione della stagione aeropittorica, già da tempo apprezzata dalla critica e dal mercato, senza dimenticare il suo importante lavoro di restauratore, i cui segni sono nei principali musei italiani e andrebbe utilmente studiato, costituiscono un doveroso riconoscimento a questo artista schivo, quanto di sicuro spessore umano ed estetico.
Voglio però concludere questa introduzione un po’ narcisisticamente ricordando le occasioni in cui nell’ultimo quarantennio (più uno) ho presentato Alessandro Bruschetti come curatore, co-curatore o collaboratore, rinviando alla bibliografia per i particolari, al fine di stimolare altri a continuare a studiare e presentare il Futurismo e i suoi protagonisti.
Mostra antologica a Palazzo della Penna, a Perugia nel 1981; rassegna futurista a Palazzo mediceo di Seravezza nel 1996; rassegna futurista a Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 2001; rassegna dei futuristi per il sacro a Londra nel 2007; rassegna futurista in vista del centenario marinettiano a Marcon (Venezia) nel 2007; grande mostra storica sul Futurismo italiano al Guggenheim di New York nel 2014; rassegna futurista alla Galleria Russo di Roma nel 2014; importante rassegna storica del Futurismo alla Fondazione Prada di Milano nel 2018. Infine, importante rassegna sull’Aeropittura futurista al Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci a Fontanellato di Parma in questo 2022.





Bruschetti durante la realizzazione della pala "Il Giudizio Universale" nel 1976 presso il Convento francescano "La pace" a Sassoferrato.







SEZ. I

La prima sezione è dedicata alla stagione futurista dell’artista umbro. Qui sono esposte le principali opere che lo introdussero nel movimento marinettiano e gli permisero di diventare un costante protagonista delle esposizioni futuriste in Italia e nel mon movimento. Esemplificativo del periodo futurista è l’Aereoautoritratto del 1933, in cui l’artista concentra i principali elementi della sua personale interpretazione dell’arte: il movimento futurista dei cavalli e dell’aeropittura, la morbidezza del paesaggio collinare umbro, la pregevole capacità tecnica realista dell’autoritratto e lo studio della luce.








Dinamismo di cavalli, 1932
olio su tavola, cm 90x106







Ritmi di cascate (bozzetto), 1932
olio su tavola, cm 65x50







Aereo-autoritratto, 1933
olio su tavola, cm 77x73






SEZ. II

All’aeropittura è dedicata la seconda sezione, in cui le opere di Bruschetti sono messe a confronto con quelle di altri aeropittori, espressione di due distinte correnti: le visioni aeroplaniche e l’idealismo cosmico. La differenza si basa sull’interpretazione che gli artisti diedero alla riflessione futurista sulla velocità e sulla tecnologia. Le visioni aeroplaniche si contraddistinguono per la grande attenzione al movimento e alle visioni dall’alto improntate al realismo. L’idealismo cosmico si concentra sull’aspetto spirituale della ricerca artistica, passando dallo spazio esplorabile dell’atmosfera terrestre all’ancora inesplorabile infinito del cosmo. Nella prima parte della sua carriera Alessandro Bruschetti si dedicò alle visioni aeroplaniche, mentre, a partire dagli anni ’50, riscoprì l’idealismo cosmico approfondendo lo studio di forme, spazio e luce.








Turbine, 1932
acquarello su carta, cm 28x20







Il turbine, 1932
olio su tavola, cm 50x45







Pioggia e sole, 1934
tecnica mista su tavola, cm 94x93







Luci e aerei sul lago, 1936
olio su tela, cm 65x50






aLEsSaNDrO BrUScHEtti: La VitA
Andrea Baffoni

Alessandro Bruschetti nasce il 27 novembre 1910 a Perugia. Nel 1929 si diploma al Regio Istituto d’Arte “Bernardino di Betto” della stessa città per poi iscriversi alla prima classe del corso di Architettura presso l’Accademia di Belle Arti.
Nei primi mesi del 1931 partecipa alla sessione di esami d’abilitazione all’insegnamento indetta dal Ministero dell’Educazione Nazionale. Si presenta per la prima volta al pubblico alla Seconda Mostra Sindacale d’Arte di Perugia, ottenendo un primo successo arrivando secondo con l’opera Pagliai (ora Aia d’agosto), acquistata dal Comune di Perugia.
Nel novembre 1932 si trasferisce a Roma per seguire i corsi al “Regio Gabinetto pel restauro dei dipinti”. Nella Capitale già opera Gerardo Dottori che dopo aver visto il dipinto Dinamismo di cavalli, nato dalle suggestioni create dalle corse dell’ippodromo, lo presenta a Marinetti che lo ammette subito nel gruppo futurista.
Conosce e frequenta i più importanti esponenti del movimento futurista tra cui Enrico Prampolini, Anton Giulio Bragaglia e Vittorio Orazi. Nei suoi scritti autobiografici dichiara di aderire al Futurismo in quest’anno contraddistinto da opere quali Ritmi di cascate, Il fulmine, Il turbine e A fondo (La scherma).
Al 1933 risalgono opere quali l’Autoritratto aereo, Gara di motori, e Resurrezione. In quest’ultima opera il tema è trattato in modo antitetico rispetto agli schemi tradizionali: il taglio verticale, che percorre il corpo di Cristo, simbolizza la distruzione della materia a beneficio della trascendenza del fatto rappresentato e, come sostenuto dalla critica, prelude a certe soluzioni dello Spazialismo; inoltre con questo dipinto il pittore inizia a servirsi di apporti polimaterici.
Consegue il diploma del “Regio Gabinetto pel restauro dei dipinti” il 3 agosto 1934. Nella produzione artistica si fa intanto più marcata l’attenzione al paesaggio umbro, interpretato secondo la sensibilità aeropittorica. Partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia dove incontra Lucio Fontana.
La prima mostra personale è allestita al “Bragaglia Fuori Commercio” a Roma in maggio 1935, con presentazione in catalogo di Mino Somenzi uno degli ideatori del Manifesto dell’Aeropittura. Alla fine dell’anno torna a Perugia iniziando l’attività di insegnante per continuando l’attività di restauratore e alternando soggiorni a Milano. Nel 1937, a Fontignano (Perugia), esegue ad affresco L’Annunciazione nella lunetta di facciata della chiesa dell’Annunziata che custodisce la tomba di Pietro Vannucci detto il Perugino.
Nel 1938 lavora a restauri, assieme a Lanciotto Fumi, nella chiesa di Santa Maria Maddalena di Castiglione del Lago, durante il soggiorno conosce Maria, che diventerà sua moglie. Soggiorna dunque per alcuni mesi a Castiglione del Lago, anche l’anno seguente, eseguendo lavori di restauro sugli affreschi del Palazzo ducale. Lavora anche a Città di Castello, dove esegue l’affresco nella chiesa di Santa Maria Maggiore, “già chiesa di Sant’Egidio” raffigurante Il Battesimo di Cristo e, nel Cimitero monumentale, la Crocifissione e le pie donne, il paesaggio a trompe l’oeil e la volta con i simboli evangelici della cappella Mancini-Sernini. Quindi nel 1940 si trasferisce a Città di Castello, dove risiederà fino al 1956, lavorando come restauratore. Il 26 dicembre dello stesso anno viene insignito del titolo di Accademico di merito dall’Accademia di Belle Arti di Perugia.
Tra 1940 e 1945 nella chiesa di San Lorenzo a Montepetriolo (Perugia), realizza un presepe con lo scultore Bruno Arzilli. In questo periodo si dedica anche alla decorazione di cappelle gentilizie del Cimitero di Cortona, dove era ospitato dai conti Passerini, eseguendo per loro diversi restauri di dipinti. Il 27 febbraio 1944 nasce la prima figlia Alessandra.
Si dedica intanto a ricerche sull’arte sacra, con un sostanziale recupero della figurazione, ma filtrato attraverso una forte sintesi geometrica. Ciò è dovuto anche alla fine del Futurismo, seguito alla morte di Marinetti nello stesso 1944. Intensifica dunque la sua attività di restauratore e di insegnante nelle scuole pubbliche, ricercando tuttavia nuove strade artistiche pur legate alle precedenti esperienze futuriste. Lavora intanto al recupero di alcuni affreschi nella chiesa di San Domenico di Città di Castello, tra cui quello con San Florido. Esegue inoltre restauri per la Pinacoteca Comunale di Città di Castello, nonché altri lavori di restauro di opere per varie famiglie (Bufalini, Boncompagni, ecc.) della stessa città e del circondario. Familiari ed amici ricordano che Alberto Burri, che stava maturando il proposito di dedicarsi interamente all’arte, frequenta il suo studio, appena rientrato dalla prigionia, per curiosare mentre il maturo artista era alle prese con le più svariate tecniche pittoriche, delle quali era maestro.
Nel luglio 1948 Bruschetti è invitato a Cortona per tenere una mostra presso l’Accademia Etrusca. La presentazione in catalogo viene scritta da Dottori. A partire dal 1950 insegna alla Scuola Tecnica Industriale Statale per le Arti Grafiche a Città di Castello. In tale frangente conosce Dante Baldelli iniziando a collaborare con lui disegnando vasi, piatti, mattonelle, per il laboratorio “Ceramiche Baldelli”, da poco fondato con il fratello Angelo dopo che avevano lasciato le manifatture Rometti di Umbertide. Nel frattempo riprende intensamente a dipingere e fino alla metà degli anni Cinquanta prosegue la sua ricerca pittorica approfondendo le linee simultanee futuriste in opere come Paesaggio simultaneo, Il nuotatore, le tre versioni de La corrida, Suonatore di fisarmonica, Suonatore di violoncello, La ballerina. Nel 1956 si trasferisce a Monza, dove risiederà fino al 1970. Qui stringe un intenso sodalizio con il gruppo dei futuristi milanesi, rapporti testimoniati dai fitti scambi epistolari. Tra questi, Cesare Andreoni, Pino Masnata, Giovanni Acquaviva e diversi critici che appoggiano il suo lavoro come Franco Passoni. Insegna presso l’Avviamento Professionale “Prof. Bellini” (fino all’anno scolastico 1959-60) e alla Civica Scuola Artigiana "P. Borsa" di Monza. Al contempo lavora sia per la Pinacoteca di Brera che per molti collezionisti ed antiquari, per questi ultimi realizza numerosi affreschi di Madonne con Bambino “in stile”.
Gli studi e i bozzetti di questi anni testimoniano un approfondimento delle ricerche già avviate in passato, ma nella direzione di una sintesi e di un dinamismo più rigorosi e motivati. Nascono opere come Meteoriti e Spiritualizzazione della materia. Questo percorso lo porta a definire, nel 1964, un nuovo linguaggio col quale superare e sviluppare forme e temi dell’esperienza futurista. È l’artista stesso a denominarlo “purilumetria”, ossia: “purezza della luce attraverso la geometria”.
Nel 1971 è nuovamente a Perugia per una personale alla Galleria Cecchini. Conosce così il sacerdote Nello Palloni che diverrà un suo allievo per le tecniche pittoriche e il restauro. A causa delle difficili condizioni di salute viene consigliato ad allontanarsi da Monza. Ritorna così definitivamente nella città natale iniziando parallelamente ad avere rapporti con l’ambiente culturale marchigiano. Frequenti i soggiorni estivi a Senigallia, Jesi e Sassoferrato dove, nel 1972, partecipa al Premio G.B. Salvi tenendo una mostra personale. È questa, per Bruschetti, una fase di intensa attività, sia creativa che espositiva. Porta avanti le sue ricerche purilumetriche in dipinti quali Espansione luce-ellissoidale, Espansione suonoluce, Espansione spirali-luce, nonché quelli, del ’72, che lui definirà “pittura purilumetrica spaziale”, come Alianti + eclissi solare (bozzetto) e Luce verso l’infinito.
A Sassoferrato stringe amicizia con Leo Strozzieri, del convento francescano “la Pace”, conosciuto in occasione della mostra personale del 1972, il quale sta preparando una tesi di laurea su di lui. Tali rapporti, nel 1976, portano Bruschetti alla realizzazione del grande Giudizio Universale che ricopre la parete di fondo della Cappella del Sacramento del convento “La Pace”. Opera per la quale impiega sei mesi di tempo e numerosi studi preparatori.
Sulla scia di tale imponente opera, Don Nello Palloni gli commissiona La Resurrezione, per la Chiesa di San Barnaba di Perugia, sua parrocchia. Un grande dipinto parietale che occupa quasi venti metri quadri dove realizza in pieno la spiritualizzazione della materia, tanto ricercata.
Torna quindi a Sassoferrato nel 1979 per eseguire Il miracolo dell’acqua, dipinto ispirato alle storie di san Francesco per un altare della chiesa del convento “La Pace”. L’opera verrà tuttavia conclusa da Don Nello Palloni, a causa della prematura scomparsa di Bruschetti che avviene il 2 gennaio 1980 a Brugherio (Milano), in occasione di una visita alle figlie.







Info Mostra
Alessandro Bruschetti alla ricerca della purezza della luce
Dal 05/11/2022 al 27/11/2022
Brugherio, Galleria delle Esposizioni
Inaugurazione: sabato 5 novembre 2022, ore 16.00
Orari: dal martedì al sabato dalle ore 15 alle ore 19 - domenica dalle ore 10 alle ore 12.30 e dalle 14.30 alle 19:00